domenica 26 febbraio 2012

In Italia gli stipendi più bassi d'Europa

Da Repubblica.it:

I lavoratori italiani sono tra i meno pagati d'Europa. Meno degli spagnoli, ciprioti e irlandesi, che pure non se la passano meglio di noi. E la metà di tedeschi e olandesi. Una situazione che pesa sempre di più sulle famiglie. Tanto da meritare immediatamente la reazione del ministro del Walfare, Elsa Fornero: "In Italia abbiamo salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività".

Ma c'era qualcuno che ancora non lo sapeva?
Si è dovuto aspettare una pubblicazione ufficiale per prendere coscienza di un fatto che era ovvio e conosciuto da tutti.
E il Ministro Fornero sbaglia, perchè non è affatto vero che il costo del lavoro in Italia sia più alto che nel resto d'Europa, anzi. E' però sicuramente più alto dei paesi con cui l'insipienza industriale dei nostri cosiddetti imprenditori ci ha costretto a concorrere, che sono sostanzialmente quelli del terzo mondo, e che fra poco ci supereranno per capacità industriale.
Sembra ormai inutile ripetere per l'ennesima volta la stessa storia: siamo una nazione fatta quasi esclusivamente di piccole e piccolissime industrie, di gestione tipicamente familiare. Di conseguenza non vi è alcuna capacità di innovazione tecnologica, di invenzione scientifica, di imporre al mondo un prodotto innovativo e unico e quindi in grado di produrre un utile specifico elevato, senza concorrenza da parte dei paesi emergenti. Fatte salve le solite poche eccezioni, siamo impantanati nella palude derivante dall'ideologia del piccolo è bello, che era propagandato solo perchè non si era capaci di essere grandi, mentre i nostri grandi imprenditori vendevano i settori più innovativi tecnologicamente per investire il ricavato in rendite di posizione e/o monopoli di fatto.
Ora che la maggior parte del danno è fatto ci viene chiesto di cercare di invertire la rotta, ma senza chiederne il prezzo a chi fino ad ora ci ha guadagnato, ma sempre e solo a quelli che devono continuare ad essere i meno pagati d'Europa, e possibilemnte devono ulteriormente rinunciare a qualche piccola garanzia per ridurre ancora un poco il costo del lavoro e cercare di mantenere per qualche giorno ancora un piccolo vantaggio sulla Cina.
Invece deve essere cambiata completamente la politica industriale, nel senso che ce ne deve essere finalmente una, che spinga alle concentrazioni in grado di fare vera innovazione, facendo morti e feriti se necessario, ma possibilmente solo tra gli (im)prenditori nostrani e molto meno tra la forza lavoro, anche se sarà difficile non avere conseguenze anche per loro. Solo che lo sviluppo che ne dovrebbe seguire potrebbe portare alla creazione di veri posti di lavoro molto più remunerati, specialmente tra la parte di lavoratori a più alta preparazione culturale, che ora stanno semplicemente abbandonando il paese per pura disperazione.
Meno manovali e più ingegneri, chimici, fisici, biologi. Meno edilizia e più chimica, farmacologia, informatica.
Ancora una volta sono cose ben conosciute, ma che non si sanno come raggiungere, anche perchè siamo un paese di corporazioni, e le corporazioni piuttosto sono disposte a distruggere tutta la società pur di non rinunciare al più piccolo dei propri privilegi.

giovedì 9 febbraio 2012

Maggiore flessibilità del lavoro, magari sì, ma anche maggiore rigidità della finanza...

Da Corriere.it:

Draghi:
Sul mercato del lavoro «bisogna ridurre le rigidità e aumentare la flessibilità». Nei paesi dell'area euro sono necessarie «riforme strutturali per rafforzare le economie, tra cui riforme ambiziose sulla concorrenza nei mercati di prodotti e servizi».

La maggiore flessibilità del lavoro è il chiodo fisso del liberismo economico che è, ma non so ancora per quanto, il pensiero  dominante nella società moderna. Purtroppo data l'evoluzione che la società stessa ha già avuto, è abbastanza ragionevole che in Italia debbano essere limitate alcune garanzie conquistate nei decenni precedenti e che determinano una certa rigidità dei rapporti di lavoro, ma solo per chi li ha già. Il mantenerli senza poter ottenere la loro generalizzazione a tutti, e senza poter contrattare una maggiore tutela per chi non ne ha quasi per niente è il più forte dei punti deboli della parte più rigidida del sindacalismo italiano.
Mi ricorda molto la discussione sul "pacchetto Treu", una proposta fatta non certo dalla parte più liberista delle forze politiche, e per cercare di sbloccare una situazione assolutamente insopportabile di blocco totale delle assunzioni. I sindacati non provarono proprio a discutere nel concreto degli argomenti e delle proposte, si limitarono ad una opposizione totale. Per cui, quando alla fine il "pacchetto Treu" venne approvato, in una forma molto penalizzante per il lavoro perchè scomparvero le parti di "garanzia" in favore di una flessibilità eccessiva, i sindacati non provarono affatto a contrattare qualche parziale miglioramento o a pretendere l'approvazione congiunta delle forme di garanzia che il "pacchetto" originariamente prevedeva, ma si limitarono a difendere le garanzie dei già occupati, e si dimenticarono totalmente dei "precari" che di lì a poco sarebbero diventati una marea e senza rappresentanza sindacale. Che non hanno tutt'ora, bisogna aggiungere.

Oggi mi sembra si stia ripetendo una situazione analoga, con una totale incapacità sindacale a guardare un poco più in grande, a capire la realtà globale entro cui ci si muove, quali sono le condizioni contrattabili e quali quelle non difendibili. Inoltre si ripete forse l'arrocco sulla difesa di chi è già difeso, senza alcuna vera intenzione di allargare il proprio intervento verso chi ha invece più bisogno.
Nella realtà occidentale, in cui l'Italia è immersa e di cui non può fare a meno se non scivolando, come in realtà sta facendo, verso la palude dei paesi non tanto sviluppati industrialmente, con l'aggravante di non essere nemmeno una sorgente di materie prime, certi livelli di garanzia del lavoro non sono probabilmente ottimali, anche se è sicuramente sbagliato ritenerli sic et simpliciter dei limiti allo sviluppo. Credo siano elementi di contrattazione, per cui se al lavoro si chiede una maggiore flessibilità, sarebbe opportuno ridurre in contempo quella veramente esagerata del mondo finanziario.
E' ormai evidente che l'eccessiva libertà di creare strumenti speculativi, di "costruire valore" sul niente che la finanza ha avuto negli ultimi anni, sulle ali del liberismo più sfrenato sia la vera ragione delle attuali difficoltà economiche mondiali, e di questo ne sono convinti anche i vertici politici, solo che non possono/non vogliono intervenire seriamente ponendo la finanza sotto maggiore controllo, con regole democratiche ma inflessibili.
Un maggiore controllo, una minore "flessibilità" del mondo finanziario sarebbe di grande aiuto al mondo del lavoro, e quindi sarebbe anche interesse dei sindacati barattare qualche concessione, che alla fine sarebbero costretti a fare comunque, in cambio di qualche regola in più sulla finanza. Ovviamente in un paese solo si può fare molto poco, ma siamo in Europa, e unèiniziativa del genere potrebbe facilmente essere esportata nell'intera Comunità. E poi da qualche parte bisogna pur cominciare.
Meglio perdere nella speranza di ottenere qualcosa di utile che perdere in cambio di niente, come finiranno per fare se si ostinano a dire no e basta.

lunedì 6 febbraio 2012

Cronaca di un’emergenza annunciata, ma del tutto evitabile


Venerdi 3 febbraio 2012 ha nevicato anche a Roma, cosa che succede raramente. Era un evento previsto da una settimana, e l’unica differenza rispetto alle previsioni è stata che invece di incominciare nel tardo pomeriggio, la nevicata è iniziata nella tarda mattinata, con la neve che si è fermata quasi subito al suolo anche grazie alle temperature piuttosto basse. All’ora di pranzo venivano giù fiocchi che sembravano delle piccole pizze, e le strade si sono innevate rapidamente. 

Nel pomeriggio la nevicata è continuata in modo molto più discreto, ma l’accumulo a terra è continuato, ed il traffico è impazzito per diverse ragioni: il ritorno a casa dal lavoro di chi era venuto a Roma in macchina era reso molto più difficile dai diversi centrimetri di neve sulle strade. Gli autobus sono rapidamente spariti dalla circolazione, tranne uno sparutissimo numero munito di catene o pneumatici adatti, mentre i tram hanno continuato solo fino al pomeriggio inoltrato e poi sono definitivamente scomparsi. I taxi sono velocemente diminuiti di numero, via via che la loro necessità aumentava. Mentre ai bordi della città avveniva il caos ampiamente descritto dalle cronache giornalistiche, con auto bloccate sul raccordo anulare e treni fermi nel nulla ghiacciato, il venerdi dentro la città si è concluso semplicemente con code interminabili di macchine in lentissimo movimento, con microtamponamenti a ripetizione (data la famosa abilità dell’automobilista medio romano a guidare sulla neve), e con pedoni disperati perché senza alcuna possibilità di trovare un mezzo pubblico.

Poi nella notte ha continuato a nevicare con ragionevole continuità, e al mattino la coltre di neve era di alcune decine di centimetri anche dentro alla città. Io avevo ospite da me mia cognata che sabato mattina avrebbe dovuto ritornare a casa sua a Genova con un favoloso Frecciabianca delle 8:10 da Termini. Il biglietto era fatto da giorni, per cui, seguendo le indicazioni del sito di Trenitalia, che non elencava la linea costiera tirrenica tra quelle con problemi, abbiamo cercato di raggiungere Termini. Prima delle 7, abbiamo incominciato a cercare un taxi per telefono, ma delle 4 società di cui avevamo il numero, 3 non rispondevano per niente, mentre la quarta, dopo molti tentativi in cui la linea risultava occupata, ci ha informato che non disponevano di vetture libere. Poiché sotto casa vedevamo passare con una frequenza ragionevole le vetture di una linea di autobus che passa da Termini, ci siamo avviati, imbacuccati e con valigia, verso la fermata nella direzione Termini. La neve era alta, per Roma, ma non c’erano problemi a camminare, e l’ambiente era in un certo modo affascinante. La circolazione era praticamente inesistente, con poche persone che camminavano nella neve e qualche sparuta macchina che avanzava lentamente. 


Di autobus nessuna traccia, e il sistema di rilevazione automatica della posizione degli stessi su internet era bloccato, dando sempre e solo un autobus in arrivo, che però non arrivava. Nessun taxi era presente nel vicino parcheggio di Piazza Verdi, normalmente ben rifornito. Poi un solitario passante a cui abbiamo chiesto se avesse visto qualche taxi, ci ha detto che lui veniva a piedi da Termini (circa 30 minuti di buon passo) e che aveva visto solo un paio di taxi in tutto il percorso. Ci ha anche avvertito che Termini era nel caos, con i passeggeri per Fiumicino costretti a prendere la metro per raggiungere la stazione Ostiense, perché i treni diretti da Termini erano soppressi, e per Milano bisognava andare alla stazione Tiburtina. A questo punto abbiamo deciso di tornare a casa e di programmare il ritorno di mia cognata in un altro momento. Controllando l’effettiva percorrenza dei treni attraverso internet ho poi potuto verificare che il treno che avrebbe dovuto prendere mia cognata è stato alla fine cancellato, così come altri due treni successivi sulla stessa linea per Genova. Un treno è stato fatto partire da Civitavecchia (ignoro se i prenotati su quel treno da Termini abbiano avuto modo di raggiungerlo) ed un altro successivo addirittura da Grosseto. Nessun treno proveniente da Genova è arrivato a Roma. Sono stati soppressi o fermati a Civitavecchia.
In effetti per tutta la giornata di Sabato 4 febbraio 2012, nessun treno, nemmeno locale, ha percorso la tratta Roma-Civitavecchia, ma questo problema non è MAI stato evidenziato nelle notizie di Trenitalia. Una delle dorsali più importanti del traffico ferroviario italiano ha avuto un blocco completo e nessuno ne ha saputo niente, tranne chi avrebbe voluto utilizzare il servizio che gli è stato negato senza spiegazioni.
A parte questo inspiegabile comportamento di Trenitalia, che è proseguito anche nei giorni successivi, mentre poco alla volta si ricostruiva il normale funzionamento ma sempre senza riuscire a sapere per quale causa c’era stato questo blocco, anzi, senza mai poter sapere che c’era stato un blocco, nella giornata di sabato, avendo mia cognata rinunciato a cercare di tornare a casa, sono andato in giro per fare un poco di spesa e comperare il giornale. Il supermercato di fronte a casa mia era aperto, ma senza alcun rifornimento di giornata, per cui aveva solo prodotti a lunga conservazione. L’edicola era chiusa, non so se per impossibilità dei gestori a raggiungerla o per mancanza dei giornali. In ogni caso l’atmosfera era surreale, con strade deserte e pochi individui vagolanti sconsolati, a parte i turisti che si godevano la situazione imprevista.

Il sindaco di Roma, Alemanno, ha imposto l’uso di catene o pneumatici da neve per tutto il weekend, fino alle 12 di lunedi 6, esentando da questo obbligo i taxi. Ora, a parte le polemiche che lo stesso Alemanno ha cercato di far nascere con la Protezione Civile per giustificare la paralisi totale della città in questi due giorni, vorrei fare alcune semplici osservazioni.
Un programma di “emergenza neve” che preveda il blocco dei mezzi pubblici, il dover scaricare i passeggeri dove si trovano, per rientrare nei depositi e lasciare uscire i pochi mezzi (il 25% del totale) che potevano essere attrezzati per affrontare l’innevazione, senza immaginare che questo rientro quando l’innevazione era già notevole avrebbe coinvolto tutti i mezzi pubblici nella paralisi del traffico comune, in modo che nemmeno quei mezzi che potevano essere attrezzati hanno potuto esserlo, è un programma demente, stupido, che non può funzionare. E non ha funzionato.
Per cui mezzi pubblici quasi inesistenti. E i taxi? Alemanno è il loro sponsor ufficiale, ha avuto il loro sostegno elettorale e li accontenta praticamente in ogni loro richiesta corporativa. In questa situazione li ha lasciati totalmente liberi di fare quello che volevano. E cosa hanno fatto? Sono rimasti a casa.
Oggi ho parlato con un tassista, che mi ha detto che in quelle condizioni non se la sentiva di uscire, perché poteva giocarsi la macchina, unica sua risorsa. Giustificazione che ho sentito fare anche da esponenti ufficiali della loro corporazione, ma che a me sembra del tutto falsa, perché almeno fino a tutto sabato le condizioni delle strade, con neve fresca ma non ghiacciata non impedivano affatto una circolazione attenta, se si sa guidare. Io credo che se mi fosse stato permesso non avrei avuto particolari problemi. Sicuramente avrei dovuto andare adagio, ma credo di saper guidare con sicurezza su terreno innevato.
Allora, in conclusione di questo lungo post, arrivo a quelle che sono le mie considerazioni su questa paralisi della città di Roma, per qualche decina di centimetri di neve.
Punto uno: il “piano neve” che prevede il rientro di tutti i mezzi pubblici e la susseguente uscita dei mezzi attrezzati per le condizioni climatiche estreme è demente, e si è dimostrato tale. Basterebbe acquistare un adeguato numero di catene per i pneumatici degli autobus e montarle quando le previsioni di precipitazione nevosa, che ormai sono corrette entro qualche ora, lo richiedono. Montare delle catene è comunque estremamente più semplice che sostituire i pneumatici di un autobus, ed è altrettanto efficiente sulla neve. Mi chiedo solo, a questo punto, dove è stato il guadagno di qualcuno, perché non c’è dubbio che qualcuno, per fare questa stronzata, ci deve aver guadagnato.
Poi i taxi. E' difficile capire come mai solo a Roma non si sia imposto ai tassisti di dover avere SEMPRE a disposizione delle catene da neve. Un servizio pubblico presuppone l’obbligo di dover essere fornito anche in condizioni difficili, specialmente se prevedibili e in condizioni gestibili con adeguate attrezzature.
La loro totale scomparsa nella giornata di sabato mi fa però più che altro pensare ad una dimostrazione collettiva del loro potere di ricatto sull’intera città, e su quell’imbecille di sindaco in primis. L’idea che avessero paura di guidare su uno strato innevato abbastanza innocuo, tutti loro, senza quindi guadagnare una lira per un giorno intero, mi lascia decisamente perplesso ed incredulo.
Posso poi testimoniare personalmente che in una zona centrale della città, strategica dal punto di vista della mobilità interna, non vi è stato alcun intervento, né di spazzatura della neve, né di spargimento di sale, tanto che domenica 5 febbraio 2012 tutte le strade intorno a casa mia, comprese quello di traffico intenso, erano una sola lastra di ghiaccio. E allora sono incominciati i veri problemi anche per i pedoni. A questo va aggiunto la caduta di rami e di interi alberi (gli oleandri che fiancheggiano molte delle strade dei quartieri Pinciano e Parioli sono stati completamente abbattuti dal peso della neve) problema che si è incominciato ad affrontare solo lunedi 6 febbraio.
Riassumendo, c’è stata una totale incapacità di prevedere in modo concreto le normali e tutto sommato banali conseguenze di una nevicata di un certo livello, che era stata ampiamente preavvertita. La gestione degli interventi di manutenzione e pulizia è stata non carente, ma di fatto inesistente. La gestione della funzionalità dei mezzi pubblici è stata ridicola e probabilmente soggetta a ricatto corporativo.
E questa dovrebbe essere la capitale d’Italia.

PS sul comportamento di Trenitalia c’è poco da dire: spero ci sia un’inchiesta ufficiale a cui i fornirò sicuramente la mia testimonianza.

domenica 5 febbraio 2012

Tv su una manica, tastiera su una mano il futuro della tecnologia si indossa

Da Repubblica.it:

C'è chi li chiama "smart-vestiti" e chi preferisce "tecnologia che si indossa", ma il succo è lo stesso: i microchip entreranno nelle nostre scarpe, nei nostri orologi, pantaloni, giacche, magliette, cappelli e non ci lasceranno mai. La tendenza è inarrestabile: al Ces di Las Vegas si sono visti molti prodotti (o almeno prototipi), in gran parte legati al fitness e alla diagnosi medica, come l'orologio che registra il battito cardiaco e altri parametri vitali o una tecnologia per convertire il calore corporeo in energia elettrica.
Allo stesso modo, alcune fonti del New York Times sostengono che Apple e Google stanno lavorando da anni allo sviluppo di dispositivi 'vestibili' da interfacciare con il proprio smarphone.
Un'occasione per passare in rassegna spunti e prototipi del prossimo futuro


e cosa aveva mostrato Vernon Vinge nel suo romanzo premio Hugo 2007 Alla Fine dell'Arcobaleno (fortemente ridotto a poltiglia quasi incomprensibile nell'edizione italiana di Urania)?
Ancora una volta la Fantascienza riesce a capire in anticipo gli sviluppi tecnologici e le sue conseguenze sociali

venerdì 3 febbraio 2012

E venne la neve...

Le previsioni dicevano che da oggi pomeriggio sarebbe arrivata la neve anche a Roma città, e che nel corso della notte si sarebbe anche fermata a terra.
Hanno solo sbagliato la tempistica, perchè ha incominciato a nevicare da metà mattinata, con momenti di altissima intensità, e si è fermata quasi subito, grazie anche alla temperatura molto bassa.
E il traffico è impazzito.
Speriamo che questa notte non ghiacci tutto.

mercoledì 1 febbraio 2012

Brandon Sanderson: The Alloy of Law

Questo è il Consiglio di Lettura del mese per Febbraio 2012 che ho appena pubblicato sul mio sito web:

Dopo aver iniziato solo il mese scorso a presentare e a consigliare dei romanzi in lingua originale non (ancora ?) tradotti in italiano con The Return of the Crimson Guard di Esslemont, non credevo di ripetermi subito nel mese successivo, convinto che questo tipo di proposta di lettura dovesse avvenire a scadenze piuttosto allungate. Ma mi è capitato di leggere questo The Alloy of Law, di Brandon Sanderson, e non ho saputo resistere all'impulso di presentarlo subito.
Sanderson sembra uno scrittore molto prolifico, e che spero riesca a mantenere la qualità delle sue prime opere anche nelle tante successive che ha intenzione di portare avanti. Dopo aver completato la trilogia dei Mistborn, ha accettato di completare la saga de La Ruota del Tempo di Jordan lasciata incompiuta per la morte dell'autore e che ha comportato la scrittura di tre poderosi volumi. Ha incominciato una nuova saga fantasy prevista in dieci volumi di cui il primo La Via dei Re (The Way of Kings) è già stato pubblicato in Italia, un mattone di più di 1000 pagine a 30 €. Ha inoltre dichiarato che la saga dei Mistborn sarebbe stata composta da tre triologie. Sicuramente Sanderson scrive con facilità e con un ritmo frenetico, ma in ogni caso il programma che si è posto è veramente strabiliante.
Questo The Alloy of Law è apparentemente, e anche secondo le dichiarazioni di Sanderson stesso, una deviazione dalla struttura centrale delle triologie previste, un poco fine a se stessa, se non fosse che il finale è così aperto da far capire che Sanderson si è riservato la possibilità di sviluppare a piacere anche questa linea narrativa, forse in un delirio di omnipotentia narranti.
Siamo in un mondo, Scadial, trecento anni dopo gli avvenimenti della Saga dei Mistborn, che sta scoprendo lentamente la tecnologia basata sulla fisica tradizionale, e in cui le capacità allomantiche e feruchemiche sono ancora presenti in alcuni individui, ma con molta meno frequenza e in modo ridotto. Non ci sono più Mistborn, i quasi leggendari individui capaci di sfruttare i poteri di tutti e sedici i metalli ed i loro composti. Ora poche persone posseggono la capacità di sfruttarne al massimo uno, ed ancora meno sono capaci di accoppiare le potenzialità allomantiche e quelle feruchemiche dello stesso metallo. Mentre la città di Elendel si sviluppa sempre più sfruttando le nuove conquiste della tecnologia, nei territori periferici, in cui la penetrazione umana sta lentamente ricominciando, nasce una società selvaggia e dalle regole spicce, come nel classico west americano. Waxillium Ladrian, diventato un famoso sceriffo dopo il suo volontario abbandono dei lussi di Elendel, è costretto a tornare in città per cercare di gestire le non buone condizioni economiche della sua casata, lasciata in difficoltà dalla morte dello zio che ne era a capo. Il conflitto interiore tra l'aspirazione ad una vita libera anche se pericolosa, ma con il pieno sfruttamento delle sue capacità allomantiche e feruchemiche basate sull'acciaio, con la capacità di spingere e di aumentare o diminuire il proprio peso usando gli anelli feruchemici come riserva, e la noiosa vita di un nobile, con i doveri di rappresentanza e la necessità di sapersi muovere nella guerra politica sempre presente ed attiva nella grande città di Elendel, è la base della rappresentazione del personaggio principale. Per di più angosciato dall'aver incidentalmente ucciso la propria amante nel tentativo di colpire un criminale che se ne faceva scudo. L'apparizione di una gang che riesce a rubare carichi preziosi senza lasciare alcuna traccia e senza che sia possibile capire come il furto avvenga è l'occasione per Waxillium di tornare ad utilizzare le proprie capacità.
Come sempre nei romanzi di Sanderson le scene di azione sono descritte con grande efficacia, e la trama è sempre tenuta sotto stretto controllo, in modo che i tantissimi fili tornino sempre a riannodarsi alla fine. L'enigma della tecnica del furto è tenuto abbastanza nascosto, anche se poi non si rivela essere niente di speciale, con qualche problema tecnico che viene di fatto ignorato. I personaggi sono molto ben descritti, e i dialoghi sono spesso brillanti. Devo però ripetere una critica già fatta al volume iniziale dei Mistborn: Sanderson non sta scrivendo un racconto per ragazzi e nemmeno per young adults, ma lo stile di scrittura è invece come se lo fosse. Se capisse che sta scrivendo per adulti, ed adeguasse quindi il linguaggio e le scelte delle scene da presentare, farebbe, secondo me, un grande salto di qualità.
In ogni caso è un romanzo che si legge con piacere, anche se lascia di fatto la vicenda del tutto aperta. E' una capacità di Sanderson, già notata nel primo volume dei Mistborn, di concludere di fatto una vicenda senza aver concluso per niente l'intera storia. Il lettore rimane tutto sommato soddisfatto che le linee del racconto più immediate trovino la loro conclusione, anche se si tratta, più in generale, di una conclusione solo parziale, con la vera storia ancora da capire.
Nel caso dei Mistborn alla fine si conclude tutto, mentre in questo caso rimangono molti dubbi che troveranno soluzione solo se Sanderson troverà il tempo per portare anche questa vicenda alla sua totale conclusione.