martedì 31 gennaio 2012

Fini, ma per favore...

Da Corriere della sera.it:

Fini sui costi dei parlamentari: non più cari che in Francia

A parte che è oggettivamente falso, se si analizza la questione nei dettagli, ma intanto si potrebbe considerare che lo stipendio di un parlamentare dovrebbe avere lo stesso rapporto, tra i diversi paesi, degli stipendi di altre categorie. E magari, per non abusare del solito paragone tra gli stipendi operai, che a qualcuno potrebbe sembrare troppo populista, potremmo considerare il rapporto tra gli stipendi dei professori di scuola superiore, così, giusto per fare un semplice esempio...
Onorevole Fini, si rende conto di quanto dovrebbero essere ridotti i suoi emolumenti?

domenica 29 gennaio 2012

I Sindacati, la crescita economica e la politica industriale

Su Repubblica.it di oggi, Scalfari ha scritto un editoriale dal titolo: Una lettera per la Camusso che viene da lontano, riportando come punto di partenza una parte di una sua intervista a Luciano Lama del 1978. Credo che vada letto con molta attenzione, perchè propone tesi molto condivisibili, ma apre anche interrogativi che non possono essere ignorati. Riporto qui solo due frasi dell'articolo di Scalfari da cui vorrei prendere lo spunto per un ragionamento più complesso:

Alla base di tutto però c'è il problema dello sviluppo. Se l'economia ristagna o retrocede la situazione sociale può diventare insostenibile. La sola soluzione è la ripresa dello sviluppo. Quando si deve rinunciare al proprio "particulare" in vista di obiettivi nobili ma che in concreto impongono sacrifici, ci vuole una dose molto elevata di coscienza politica e di classe. Si è parlato molto, da parte della borghesia italiana, del guaio che in Italia ci sia un sindacato di classe. Ebbene, se non ci fosse un'alta coscienza di classe, discorsi come questo sarebbero improponibili. Abbiamo detto che la soluzione delle presenti difficoltà e il riassorbimento della disoccupazione sta tutto nell'avviare un'intensa fase di sviluppo. Per collaborare a questo obiettivo noi chiamiamo la classe operaia ad un programma di sacrifici, ad un grande programma di solidarietà nazionale.

 Noi siamo uno spicchio della crisi. Abbiamo fatto il dover nostro e il nostro interesse con la manovra sul rigore dei conti appesantiti da una mole di debito. Adesso è il momento della crescita e dello sviluppo. Non dipende solo da noi, lo sviluppo dell'economia italiana. Dipende dall'Europa ed ha del miracoloso il prestigio che il governo Monti ha recuperato dopo la decennale dissipazione berlusconiana. La crescita dipende in larga misura dalla produttività e dalla competitività del sistema Italia. Sono state entrambe imbrigliate dalle lobbies ma la produttività dipende da tre elementi: il costo di produzione (che è cosa diversa dal salario), la flessibilità del mercato del lavoro, la capacità imprenditoriale. Il sindacato può e deve favorire la flessibilità del lavoro in entrata e in uscita. Se farà propria la politica sindacale di Lama che la portò avanti tenacemente per otto anni, avrà fatto il dover suo.

 La prima fase è dall'intervista a Lama del 78, la seconda è di fatto l'invito che Scalfari fa ai sindacati, e principalmente alla CGIL, perchè seguano le stesse indicazioni di Lama di 35 anni fa, di farsi cioè carico della propria parte di "sacrifici" in favore di uno sviluppo generale del paese.
Il principio è sicuramente corretto, ed il "sacrificio" che viene chiesto a chi ha già un lavoro stabile in favore di chi è precario o un lavoro non ce l'ha non è nemmeno particolarmente elevato. Il vero problema, 35 anni fa come oggi, è se tutti fanno davvero la propria parte e se quindi l'obiettivo che viene perseguito lo si raggiunge davvero.
Come ricorda anche Scalfari, 35 anni fa l'accordo sindacale che doveva servire a presentare i sindacati come un corpo unico e forte nella trattativa per un nuovo sviluppo durò in effetti poco, travolto non tanto dagli avvenimenti interni italiani, che pure furono estremamente violenti, ma sopratutto dall'evoluzione del capitalismo internazionale, a cominciare dalla globalizzazione della sua parte finanziaria ed il suo rapido dominio su quella propriamente industriale. Per l'asfittico capitalismo italiano fu una corsa verso le rendite e l'abbandono dei settori industriali più concorrenziali,  insieme ad un ripiego verso "il piccolo è bello" che ci ha portati al disastro attuale. I "sacrifici" sindacali non solo non furono accompagnati da una adeguata politica industriale, ma ci fu un vero e proprio abbandono di una politica industriale degna di questo nome.
Le conseguenze sono note e le stiamo vivendo sulla nostra pelle: crescita in continua diminuizione, competitività in decrescita continua con conseguente aumento della disoccupazione reale. Tanto che l'unica soluzione è stata quella di introdurre in modo ufficiale il lavoro precario, tanto gradito dalla nostra classe imprenditoriale da farlo diventare "a tempo indeterminato" per un'intera generazione di lavoratori. I sindacati hanno fatto solo qualche strillo di principio, ma poi si sono limitati ad ignorare il problema, ed i precari.
Oggi, che la situazione si è fatta insostenibile, si ripropone il problema dello sviluppo e della crescita, senza i quali non ci può essere aumento di occupazione ed un maggior benessere generale, ed ancora una volta si chiede che tutti partecipino ai "sacrifici" in nome del bene comune.
A parte però il fatto che in questi ultimi anni c'è chi ha pagato duramente gli effetti della stagnazione economica italiana, ma c'è anche chi ci ha guadagnato, e anche molto, per cui sarebbe intanto il caso che "i sacrifici" vengano chiesti, per cominciare, a questi ultimi, ci sono le parole che ho evidenziato nella seconda frase dell'articolo di Scalfari che ho riportato. Scalfari parla di capacità imprenditoriale, ma sappiamo benissimo quale è la capacità imprenditoriale della classe dirigente italiana, l'abbiamo vista esplicitata negli ultimi 20 anni, ed è la causa principale della disastrata situazione attuale. Perchè dovremmo pensare che qualcosa possa cambiare spontaneamente? Che chi si è rifugiato nelle rendite di posizione, nei giochini finanziari possa improvvisamente decidere di rischiare il proprio capitale in favore di un nuovo sviluppo industriale nei settori ad alta tecnologia che hanno velocemente abbandonato anni fa? Fantasie ed illusioni, al meglio. Con il risultato che i "sacrifici" chiesti ai sindacati, e quindi sempre alla solita parte della popolazione, siano di fatto inutile a risolvere il problema, spostandolo semplicemente un poco più in là.
E allora?
Allora ci vuole una chiara visione di politica industriale, e la capacità politica di imporla a quegli ignavi del nostro ceto cosiddetto imprenditoriale. Una politica che premi l'innovazione, che favorisca le concentrazioni, che elimini i deboli e i parassiti, proteggendo con le politiche del wellfare i lavoratori interessati, ma mai tenendo in piedi baracconi incapaci di reggersi con le proprie forze solo per "salvare l'occupazione". E che non dia nemmeno un soldo alle rendite di posizione, alle rendite immobiliari e simili, che vanno invece pesantemente tassate. Perchè è del lavoro che abbiamo bisogno, non dei patrimoni immobilizzati.
Perchè Scalfari, che altre volte è stato sensibile a questo tema, questa volta ha taciuto?

domenica 22 gennaio 2012

Le Corporazioni e le arrampicate sugli specchi

A volte può essere anche divertente esaminare le ragioni che le varie corporazioni portano per difendere anche oltre il ragionevole i loro privilegi. La rete dei privilegi corporativi è in Italia particolarmente intricata, per cui chi gode di un privilegio paga anche per il privilegio di qualcun altro, e l'equilibrio tra "dare" ed "avere" è quello che mantiene in vita così com'è la nostra società. La dichiarazione da parte del Governo Monti di voler in minima parte diminuire questi privilegi, in favore di una società meno arrotolata su corporazioni chiuse intorno al loro interesse, ha fatto scoppiare il pentolone, con una pletora di lamentele e di ragioni per cui il proprio privilegio risulterebbe in realtà di interesse generale. Analizzare queste scuse può anche essere divertente, se si riesce a dimenticare che quei privilegi sono in realtà pagati da tutti, compresi i molti che non hanno privilegi di sorta, e pagano solamente quelli degli altri, e si tratta dopo tutto della maggioranza dei cittadini italiani, anche se non essendo organizzati, finiscono per non contare molto.
I tassisti, ad esempio, si lamentano di guadagnare molto poco (e di fatto denunciano redditi molto esigui), ma rispetto alla proposta governativa di aumentare il numero delle licenze, dichiarano di aver dovuto pagare la propria, a prezzo di mercato, tra i 120000 e i 180000 €. Ora, "prezzo di mercato" per me significa il prezzo che un compratore potenziale è disposto a pagare ritenendo di ricavare un utile maggiore di quello che potrebbe avere semplicemente investendo la stessa cifra in titoli di stato. Questo è in contrasto con la lamentela di un reddito di pura sopravvivenza (e delle relative denunce dei redditi).
Gli avvocati si lamentano che l'eliminazione delle tariffe minime per la loro attività si tradurrà inevitabilmente in un abbassamento della qualità delle loro prestazioni. Ora a me pare chiaro che ci sono molti avvocati che sono solo cialtroni ed incapaci. Mi sfugge però la ragione per cui la loro opera sarebbe di maggiore livello se pagata alla tariffa minima stabilita dall'Ordine rispetto ad una tariffa più moderata dovuta alla reciproca concorrenza. Sempre avvocati cialtroni rimarrebbero.
Non parliamo poi dei farmacisti e della pretesa che la salute dei cittadini sarebbe molto meglio garantita dall'obbligo di vendere ogni tipo di farmaco nelle farmacie ufficiali, che devono rimanere poche per garantire la qualità del controllo, mentre in tutto il mondo civile le cose sono molto differenti e i prezzi dei farmaci molto minori.
Analizzandole una per una, le diverse scuse che le corporazioni portano per giustificare il proprio privilegio appaiono banalmente per quello che sono: semplici scuse e senza giustificazioni, delle semplici arrampicate sugli specchi.
Perchè quindi dobbiamo accettare che la nostra vita sia condizionata in questo modo dal loro egoismo? perchè dobbiamo accettare che si minaccino serrate o blocchi stradali (ogni corporazione userà le armi a loro più congegnali) rendendo la nostra vita, già difficile, ancora più tormentata?
L'avevo proposto come una provocazione giocosa, ma la formazione della Corporazione del Cittadino Comune, cioè quello che non appartiene ad alcuna corporazione ufficiale o meno, ma che vuole in ogni caso difendere i propri interessi, potrebbe diventare una cosa seria. Magari lasciando perdere il termine "corporazione" e riportando in evidenza quello troppo dimenticato che però è il più adatto: democrazia.
Se ai tassisti si facesse capire che i potenziali clienti sono molti più di loro, e possono essere incazzati come e più degli stessi tassisti.
Se agli avvocati si facesse capire che i potenziali clienti si sono rotti di dover dipendere da un avvocato per ogni quisquilia, e che le leggi potrebbero ben essere scritte in modo da non permettere troppe "interpretazioni" di comodo,
Se a tutte le corporazioni si facessa capire che ne abbiamo abbastanza dei loro privilegi gratuiti, dei loro sistemi chiusi e clientelari, e che a voler rompere questo andazzo ci sono più persone rispetto a quelle che lo vogliono conservare, forse riusciremmo a vivere in una società almeno un pochino migliore. Non tanto meglio solo per questo, ma meglio sicuramente, e sarebbe solo l'inizio.

venerdì 20 gennaio 2012

Il ritorno dei Boia chi Molla

Il motto "Boia chi Molla" ha un'origine nobile, ma una storia molto meno gradevole, essendo diventato un motto dichiaratamente fascista. Oggi richiama solo gli avvenimenti di Reggio Calabria nel 1970 , con un forte senso di rivolta corporativista, gestita dalle forme estremiste della destra, e con obiettivi di puro scontro sociale, senza cioè alcuna capacità propositiva concreta, tendendo in sostanza ad evitare ogni cambiamento di potere rispetto a quello in atto.
Tutto sommato corrisponde quasi esattamente a quello che sta avvenendo oggi in Sicilia, a parte il cambio di qualche sigla dei movimenti di destra estrema che ne sono sostenitori, ed ovviamente ad un diverso elenco di pseudo ragioni per la rivolta.
Le ragioni vere sono sempre le stesse: non cambiare assolutamente la logica di potere.

giovedì 19 gennaio 2012

Medioevo prossimo venturo

I tassisti, beceri, incolti e vocianti, si apprestano a bloccare le città italiane...
I camionisti siciliani, insieme ad una variegata collezione di mantenuti dal sistema clientelare dell'isola stanno bloccando l'intero commercio locale, protestando contro lo stato...
I farmacisti, dopo aver bloccato il primo tentativo di liberalizzazione, stanno in silenzio, pronti ad affrontare con le loro armi migliori, le infiltrazioni tra i deputati ed il poderoso potere di ricatto economico, qualunque altro tentativo...
Avvocati, ingegneri, notai e categorie varie si dichiarano stupiti dalle dichiarazioni del governo, paventando crolli disastrosi di qualità delle prestazioni professionali se le prerogative dei loro ordini professionali venissero anche solo leggermente allentate...

Le corporazioni in Italia sono state sempre forti, potenti e capaci di condizionare ogni politica governativa... molto meglio e molto più che nel medioevo, quando erano una forza innovativa e quasi rivoluzionaria...
Per noi il medioevo non è mai finito, e quindi forse varrebbe la pena di cercare di fondare la corporazione del Cittadino Qualunque. Sarebbe magari l'unica strada per riuscire a difendere gli interessi di chi non fa già parte di una corporazione...
;)

martedì 17 gennaio 2012

Il ritorno dei camionisti

Da Corriere.it:

Le avevano annunciate come le «Cinque giornate di Sicilia» i capipopolo di un appena nato «Movimento dei forconi», di gruppi spontanei e di una cordata chiamata «Forza d’urto», tutti alla testa di una vera e propria rivolta di autotrasportatori, agricoltori e pescatori, edili e disoccupati che stanno davvero paralizzando l’isola. Posti di blocco ovunque. Dagli accessi autostradali di Palermo e Catania al porto di Messina, dall’area del petrolchimico di Priolo al corteo che assedia Gela, fino alle manifestazioni che cingono Agrigento e Caltanissetta. Come Lentini, in provincia di Siracusa, dove un venditore ambulante di 32 anni ha accoltellato il «padroncino» di un camion, 25 giorni di prognosi per una ferita al volto. 

Nel settembre del 1973 una continua agitazione dei camionisti cileni, con scioperi e blocchi stradali crearono una situazione di estremo disagio per la popolazione, preparando l'intervento dell'esercito guidato da Pinochet che uccise la giovane democrazia cilena ed il suo leader Allende.
E' vero che forse in questo momento gli USA non hanno nei nostri confronti gli stessi interessi che avevano allora in Cile, e che magari manca anche un Generale Di Lorenzo da mandare avanti... ma in ogni caso un poco di attenzione ai focolai fascistoidi come questo bisognerebbe proprio porlo.

lunedì 16 gennaio 2012

Il downgrade degli Stati europei

Si potrebbe rispondere dowgradando Standard&Poors, rendendola molto meno Standard e molto più Poor...
Sono sicuro che imparerebbero la lezione e vivremmo tutti più tranquilli...

La tragedia della Concordia e le norme di sicurezza

L'incidente all'Isola del Giglio è sicuramente avvenuto perchè sono state ignorate delle basilari norme di sicurezza della navigazione.
Le norme di sicurezza sono delle regole e degli obblighi estremamente fastidiosi e chiaramente inutili... fino a quando non succede il guaio.
Allora si capisce perchè avrebbero dovuto essere rispettate... ma sempre troppo tardi...

sabato 14 gennaio 2012

Ian C. Esslemont - The Return of the Crimson Guard

Ho da poco finito di leggere questo libro, in versione elettronica, e l'ho subito raccomandato per la lettura nella sezione del mio sito dove presento un romanzo di fantascienza o fantasy ogni mese. Con Gennaio 2012 ho completato otto anni di consigli di lettura, un tempo infinito e inimmaginabile quando ho cominciato, nel lontano febbraio 2004. La rubrica, se così posso chiamarla, ha cambiato faccia rispetto all'inizio, quando dicevo molto poco sulla trama dei libri che presentavo, limitandomi alle ragioni, qualche volta personali, che mi spingevano a raccomandarli. Poi poco alla volta il discorso si è un po' allargato, ho cominciato ad illustrare aspetti della trama per giustificare meglio la mia scelta, e a fare confronti con altri libri, fino ad arrivare qualche volta vicino ad una minirecensione.
Questo è quello che ho scritto su The Return of the Crimson Guard:

Questo è un suggerimento del mese molto particolare, non solo perchè completa l'ottavo anno di questi consigli mensili, ma perchè si tratta di un libro che non è stato tradotto in italiano e che io ho letto in versione elettronica. Dopo averci pensato su a lungo, ho infatti deciso di dare anche questo tipo di consiglio di lettura, perchè data la situazione dell'editoria italiana per quanto riguarda i generi di Fantascienza e Fantasy, ma sopratutto di Fantascienza, ho ormai scelto di leggere sempre più spesso le edizioni originali. Le ragioni sono abbastanza evidenti: non solo non viene tradotto in italiano quasi niente di quello che di valido esiste nel mondo, ma quel pochissimo che lo è viene poi venduto ad un prezzo assurdo, sia nella versione cartacea ma specialmente nella versione elettronica. Che questo atteggiamento dell'editoria italiana possa solo portare ad un aumento del tutto giustificato della pirateria non sono il solo a pensarlo, e la cosa mi sembra anche del tutto ragionevole. La pirateria sarà riportata a livelli fisiologici solo quando il costo di un romanzo in versione ebook, senza legacci (il)legali che ne condizionino la lettura, sarà portata al livello di una scelta senza praticamente conseguenze economiche per chi la esegue.
In parole più dirette: 16-19 € per un libro di intrattenimento, quasi sempre non rilegato o rilegato molto leggermente, è un costo molto pesante per un lettore abituale, che cioè legge molti libri all'anno. La scelta dell'ebook potrebbe aiutare la vendita specialmente di romanzi di interesse non particolarmente elevato, ma solo se l'ebook è veramente più economico del libro cartaceo, al limite del livello dell'acquisto compusivo, cioè pochi €, assolutamente meno di 4.99.
Detto questo, torniamo al romanzo che presento questo mese. Esslemont nei lunghi periodi di ricerca sui campi archeologi passati insieme a Steven Erikson ha contribuito allo sviluppo del mondo dell'Impero di Malaz, scenario pensato inizialmente per un possibile gioco di ruolo. Dopo l'insuccesso di una prima stesura de I Giardini della Luna come sceneggiatura per un film, Erikson ne trasse un lungo romanzo che però stentò molto per essere pubblicato. Il seguito è stato invece solo una serie continua di successi, con i dieci volumi de The Malazan Book of the Fallen di Erikson, i romanzi sulla storia parallela di Bauchelain e Korbal Broach dello stesso Erikson ed infine l'inizio dell'intervento diretto di Esslemont nella storia di Malaz con il romanzo breve Night of Knives, a cui ha fatto seguito questo The Return of the Crimson Guard.
Esslemont è stato costretto a ritardare la sua partecipazione alla novelizzazione del loro mondo anche perchè impegnato ad ottenere il Dottorato di Ricerca, e al momento ha deciso di impegnarsi per rischiarare episodi non esplicitati nella saga di Erikson ma che erano solo accennati o tralasciati.
In Night of Knives, che si svolge interamente nell'arco di 24 ore, viene chiarito un aspetto cruciale dell'intera storia, a cui si fa spesso accenno nei romanzi di Erikson, e cioè la trascendenza di Kellanved e Dancer. The Return of the Crimson Guard è invece molto più complesso e si dovrebbe posizionare temporalmente dopo gli avvenimenti descritti nel sesto volume di Erikson, I Cacciatori di Ossa (The Bonehunters), che non ho ancora letto e che quindi non posso commentare. Lo stile di scrittura di Esslemont mi sembra abbastanza simile a quello di Erikson, ma di Erikson ho al momento solo letto le versioni italiane, e quindi non posso fare un confronto diretto. Ho intenzione di ricominciare l'intera saga de The Malazan Book of the Fallen in lingua originale, per cui poi potrò fare un vero confronto. In ogni caso la trama di The return of the Crimson Guard è intricata come quelle di Erikson, con lo stesso sterminato numero di personaggi, le cui vicende sono a volte difficili da seguire proprio per il gran numero di salti da una vicenda all'altra, forse troppo più freneticamente di quanto faccia Erikson. L'epicità della vicenda, l'accuratezza delle descrizioni e l'altissima qualità delle scene di azione sono all'altezza delle opere del suo predecessore. Anche la morale generale, la descrizione di un momento di crisi di un impero, con la nascita di tante aspirazioni di libertà particolari e spesso in contrasto tra di loro, è resa splendidamente, tanto da convincermi quasi a continuare la lettura della saga di Erikson, di cui invece aspettavo il completamento della pubblicazione italiana per continuarla. Ma forse faccio prima a ricominciare in inglese.
In conclusione, è un romanzo che mi è piaciuto molto, anche se mi è costato qualche fatica sia per l'inglese con molti arcaismi, sia per adeguare la terminologia originale con quella delle traduzioni italiane, e non sempre è banale.

venerdì 13 gennaio 2012

S&P declassa la Francia

Da Il Corriere.it:

Eurozona sotto la scure di Standard & Poor's. La Francia perde la tripla A e analogo declassamento è atteso per l'Austria mentre ancora più severo è il taglio che potrebbe colpire Italia, Spagna e Portogallo che scendono di due gradini alla tripla B.

L'unica risposta possibile è declassare S&P. Portarla all'importanza oggettiva che ha: zero.

Potrei dire cose molto più serie a sostegno di questa battuta, ma il fatto che il mondo si è consegnato nelle mani di pochi gestori della finanza che senza alcun controllo possono determinare i destini economici di intere società civili, con l'unico obbiettivo dell'arricchimento di pochi privilegiati, è indiscutibile.
Possiamo (e dobbiamo) solo distruggerli. Non vi è altra soluzione se non il continuo impoverimento della gran parte della popolazione mondiale.

lunedì 9 gennaio 2012

Rapporti generazionali e "la Casta"

In un articolo su Il Riformista tutto sommato condivisibile in larga parte, Paolo Franchi fa anche la seguente affermazione:

E di quella immediatamente successiva, convinta, nella sua beata ignoranza, che davvero il mondo si dividesse su Berlusconi sì e Berlusconi no, e fossero i dibattiti sulla riforma elettorale, i talk show, le intercettazioni sulle fanciulle di Arcore e le litanie sulla società civile vessata dalla casta a fare la storia. 

 Posso condividere molte delle sue osservazioni, ma sulla società civile vessata dalla casta come di una ossessione ingiustificata credo che Franchi sbagli di grosso, forse perchè si trova lui stesso a far parte della vera "casta", che è una definizione secondo me scorretta, perchè si tratta più oggettivamente di una vera e propria classe sociale in sviluppo. Avevo analizzato questo aspetto, allora un poco provocatoriamente, in un vecchio articolo, che ad oggi mi sembra sempre più coerente con quello che stiamo sperimentando oggettivamente.

E' però possibile, ma al momento mi sembra solo una speranza, che la crisi economica che stiamo attraversando abbia cambiato significativamente le condizioni al contorno, tanto da non dare più per scontato quello che avevo previsto dovesse avvenire. Potrebbe cioè essere possibile che la presa di potere della classe burocratica del controllo e della gestione stia oggi incontrando delle difficoltà maggiori del previsto. In che direzione questa difficoltà porterà ad evolvere la nostra società è ancora presto per capirlo. Una maggiore mobilitazione e consapevolezza sociale del problema potrebbe sicuramente aiutare verso una soluzione più equilibrata per i diversi ceti sociali.