martedì 27 novembre 2012

La sostenibilità della Sanità italiana

Il primo Ministro Monti, in una delle tante esternazioni che ultimamente gli riescono facili, anche se poi è tutto un rincorrersi a cercare di mettere pezze e/o smentire questo e quello, ha fatto la seguente affermazione

"Il nostro Sistema sanitario nazionale, di cui andiamo fieri, potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento"

Da Repubblica.it

Correzioni e smentite, insieme a  interpretazioni di quali avrebbero dovuto essere le nuove modalità di finanziamento, da una totale privatizzazione della sanità a nuove tasse dedicate, si sono abbattute come uno tsunami su tutti i media.
Mi chiedo se Monti, nel pronunciare quelle parole avesse chiaro cosa stava dicendo, o stava solo parlando in libertà, proponendo un possibile, ma per lui non reale, problema.
Nel primo caso le preoccupazioni di chi vede l'ennesimo e più forte tentativo di privatizzare quella che è probabilmente la maggiore fonte di ricchezza del futuro sarebbero decisamente fondate, e quindi un deciso cambio di governo, con idee del tutto contrarie, diventerebbe essenziale.
Nel secondo caso, che personalmente non credo sia del tutto da escludere, Monti dimostra tutti i suoi limiti come politico. Chi lo consiglia, e spero ci sia qualcuno con esperienza politica addetto a quello scopo, dovrebbe assolutamente impedirgli di parlare in questo modo.
In ogni caso se ne può derivare la conclusione che il costo del nostro Sistema Sanitario Nazionale è alto, e forse troppo alto per le nostre attuali risorse. Questa sarebbe una considerazione accettabile, ovviamente di fronte a documentazione concreta e non taroccata. Ma la conseguenza sarebbe quella di trovare il modo di razionalizzare le spese in modo da ridurle senza ridurre gli effetti sui pazienti, e chiunque abbia frequentato ospedali pubblici ma anche e sostanzialmente ospedali e cliniche private sa bene che di margini di risparmio ce ne sono a iosa.
A me però preme ricordare una precedente, e di molto poco, esternazione del nostro Primo Ministro, quella che condannava l'esistenza di resistenze corporative tra gli insegnanti delle nostre scuole. In un mio precedente post avevo invitato Monti, che giustamente si lamentava dei legami corporativi ancora forti nella nostra società, ad incominciare ad agire contro quelli evidentemente più forti, quelli che condizionano la nostra economia e anche l'intera struttura sociale. Ad incominciare, ad esempio, a scardinare completamente le corporazioni dei medici e dei farmacisti, che sono anche quelle che rendono molto più costoso del necessario il nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Lo vedi, Monti, che le soluzioni semplici ed efficaci esistono?
Bisogna però che attacchi i veri poteri che bloccano l'Italia, non sempre e solo i pensionati e i lavoratori senza peso contrattuale, come hai fatto in modo pesante e molto poco sociale fino ad ora...
Per non parlar della Chiesa...

lunedì 26 novembre 2012

I voti di Renzi

Non voglio fare polemiche fini a sè stesse, ma vorrei che anche Renzi evitasse di farne "pro domo sua" in modo tanto sfacciato. Pretendere di aprire nuovamante la possibilità di partecipare alle votazioni di ballottaggio a persone che non si erano iscritte al primo turno delle primarie potrebbe sembrare una richiesta onesta di puro spirito democratico, puro come l'aspetto di pupo innocente che Renzi riesce a presentare nelle sue molto frequenti apparizioni mediatiche.
Ma puro non è, e non solo il suo aspetto è costruito, ma anche il suo appoggio elettorale presenta molti lati oscuri, con evidenze che vanno molto al di là dei semplici sospetti preelettorali.
Nel seggio in cui ho votato io sono stati osservati molti, non alcuni, ma bensì molti personaggi noti per simpatie di destra. Non semplici elettori di centro con qualche dubbio...
Ma casi analoghi in giro per l'Italia sono molti, e questo post ne è un esempio:

Lettere da Lucca

così come molte altre testimonianze di cui porto un caso:

Maria Grazia Bonicelli

Mi chiedo quindi cosa si aspetterebbe Renzi dal permettere ad ancora più persone di partecipare alle votazioni di ballottaggio. Di avere anche i voti personali di Berlusconi e della Santanchè?
Ma quelli li ha di sicuro, anche se non esplicitamente...
Poiché il suo scopo sembra sempre più evidentemente quello di spaccare il PD e formarsi il suo partito personale, da buon emulo del suo maestro Berlusconi, bisognerebbe che di questo se ne rendessero conto i suoi elettori che ancora credono di votare uno di sinistra, giovane e desideroso di cambiare, e che quindi gli facessero invece terra bruciata tutto intorno...
Che se si ritrova solo con i suoi votanti di destra, in fin dei conti una scissione al PD converrebbe... almeno per chiarezza e per definire meglio cosa significa essere di sinistra...

domenica 25 novembre 2012

Gli insegnanti e il corporativismo

Oggi il Primo Ministro Monti ha fatto delle considerazioni sulle ultime proteste degli studenti, e tra le tante cose banali dette, spicca anche questa frase ( da Repubblica.it):

"Gli studenti sono quelli più in credito e fanno bene a manifetare il loro dissenso" ha poi puntato il dito contro "i privilegi corporativi" di alcuni insegnanti: "Nella sfera del personale della scuola abbiamo riscontrato anche grande spirito conservatore", come la "grande indisponibilità  a fare due ore in più a settimana che avrebbe significato più didattica e cultura"

Io credo che se davvero intendeva aumentare la didattica e la cultura nella scuola, avrebbe dovuto proporre agli insegnanti di fare due ore di più agli stessi studenti, non a studenti diversi per ridurre il numero di insegnanti, e aumentare di conseguenza lo stipendio, non tenerlo bloccato e lasciarlo erodere dall'inflazione. Questa proposta sarebbe stata a favore di una maggiore didattica e cultura. Quella che il suo governo ha fatto è solo stata un aumento del carico di lavoro individuale per ridurre la spesa, senza alcun vantaggio per gli studenti se non di avere insegnanti più stressati.
Che poi la società italiana sia sostanzialmente corporativa lo si sa da tempo, e nessuno è mai riuscito a limitare il potere delle corporazioni, per cui sono contento che Monti, anche lui, abbia questa preoccupazione, ma se vuole fare qualcosa di significativo dovrebbe incominciare dalle corporazioni serie, quelle che hanno il potere di condizionare l'economia italiana e distorcerne la società. Potrebbe incominciare dai medici, dai farmacisti, dai notai, dai magistrati... o Monti vede il corporativismo solo nelle piccolezze di piccoli privilegi di una parte minoritaria degli insegnanti?
O magari si sente forte solo di attaccare le corporazioni più deboli ed insignificanti? In questo caso, almeno abbia il pudore di tacere.

sabato 24 novembre 2012

Baguette alla Segale - Versione Definitiva

Dopo aver imparato come ottenere impasti ad alta idratazione e ben incordati con la planetaria, e c'è voluto un po' per riuscirci, e dopo aver imparato come gestire gli impasti fortemente idratati e quindi estremamente morbidi, sono riuscito a mettere a punto una ricetta delle Baguette alla Segale con il 75% di idratazione che, dopo tante prove, si è dimostrata affidabile, oltre che soddisfacente. L'ho quindi definita la mia prima Ricetta Definitiva, che rimarrà così almeno per un certo tempo. Qui potrete trovare l'intera ricetta fotografata passo passo, con un dettaglio particolare.
Per chi è un frequentatore di FaceBook, posso anche suggerire di dare un'occhiata alla pagina del Panettiere per Caso, e lasciare un segno, se si vuole.

giovedì 22 novembre 2012

Commento alle risposte alla prima domanda di Dibattito Scienza


Come avevo annunciato in un post precedente, un gruppo abbastanza eterogeneo di giornalisti scientifici, ricercatori e semplici affezionati, hanno proposto sei domande ai candidati alle primarie del centrosinistra, proponendosi di riproporle anche a qualunque altro candidato di primarie di ogni coalizione e, alla fine, di proporre un numero più nutrito (e più meditato) di domande ai candidati finali alle elezioni nazionali. Lo scopo delle domande era di capire e far capire a tutti gli elettori non solo le intenzioni dei vari candidati su alcuni temi particolari di interesse scientifico, ma soprattutto di capire il peso che ogni candidato dà al ruolo della scienza e del suo metodo di analisi nello svolgimento del proprio ruolo politico di mediazione tra diversi interessi.
Le domande e tutte le risposte possono essere trovate sul sito de Le Scienze, a cui rimando per ulteriori dettagli dell’iniziativa.
In questo post mi limiterò a commentare le risposte alla prima domanda, che è quella che mi interessava di più e che ha, secondo me, il significato più generale coinvolgendo di fatto il futuro economico ed industriale dell’Italia. Poi, se avrò tempo e forza, cercherò di commentare anche le altre risposte.
La prima domanda era la seguente:
Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?
Tutti i candidati fanno osservare, con maggiore o minore dettaglio, che l’Italia investe in ricerca molto meno della media europea, e molto meno di utti i paesi più industrializzati d’Europa e del mondo.
Vediamo ora gli aspetti principali delle singole risposte.
1 – Bersani
Bersani fa notare che è l’investimento privato che è deficitario, anche se non definisce bene il problema; è l’unico che mette in stretta connessione la ricerca scientifica alla capacità industriale del paese, e lega quest’ultima, di cui auspica il mantenimento e la crescita, allo sviluppo di ricerca e innovazione. Non dice cose nuove rispetto al suo vecchio libretto scritto insieme ad Enrico Letta: Viaggio nell’Economia Italiana (Donzelli Editore - 2004), ma onestamente non era certo questo il luogo di un discorso più articolato. Non dice nulla sulla politica di reclutamento, ma accenna alla necessità di travaso di personale dalla ricerca all’industria.
2 – Puppato
Poche parole generiche sulla necessità di investimento, sulle sinergie con l’industria, sull’eliminazione delle baronie e del precariato.
3 – Renzi
Forte accento sulla necessità di far diventare meritocratico sia il reclutamento che il finanziamento della ricerca pubblica (parla solo di questa). Se per il finanziamento si appoggia sulle valutazioni ANVUR (da migliorare non si sa come), per il reclutamento non dà alcuna indicazione di metodo. Propone di favorire fiscalmente le donazioni alla ricerca (sempre pubblica) ma a costo complessivo zero. Propone un’agenzia per il finanziamento di idee originali, ma non è chiaro se di ricerca od applicative, cioè di spin-off industriali.
4 – Tabacci
Quella di Tabacci è una risposta lunga, probabilmente troppo lunga, dato che si dilunga in dettagli che a questo livello della discussione sono quasi incomprensibili, perché richiedono competenze specifiche e conoscenze delle legislazioni nazionali ed europee non condivise da tutti. Cercare di fare un riassunto delle sue proposte è altrettanto difficile, perché a meno di fare un elenco banale di ogni suo paragrafo, la valutazione generale è estremamente povera in impegni politicamente ed oggettivamente importanti. Si richiama in modo continuo alla legislazione europea, anche non sempre a proposito. Propone, unico tra i candidati, dei settori strategici su cui puntare per lo sviluppo della ricerca. Solo sul reclutamento dei giovani non ha proposte precise ma si limita a proposizioni generiche.
5 – Vendola
A parte dichiarazioni estremamente generiche, si può solo notare una richiesta di aprire la governance delle Università e degli Enti di ricerca a tutte le figure professionali, anche precarie. Spicca però la dichiarazione della necessità di stimolare le industrie, in vista ad un loro sviluppo innovativo, ad investire più in ricercatori che in capannoni. Nella sua genericità, è l’unico spunto verso il costringere le industrie a fare qualcosa che sia di loro interesse generale e non immediato.
Le mie considerazioni finali
Quello che sto per fare non sarà un discorso omogeneo, che cercherò di fare nel futuro e sganciato da questo evento particolare. Voglio invece presentare le mie opinioni su queste risposte, un po’ come vengono e saltando anche da uno all’altro. D’altronde questo era un esperimento e un esperimento è anche la loro valutazione.
Prima di tutto devo dire che sono estremamente contento di come si è evoluta questa iniziativa molto estemporanea. Anche se ovviamente le domande che abbiamo posto sono discutibili da molti punti di vista, sono state perlomeno un inizio, ed il fatto di aver ricevuto (grazie anche a persecuzioni e minacce varie :) ) risposta da tutti rappresenta un successo e un punto di partenza per azioni successive più meditate.
Sicuramente nessuno di noi si aspettava che a rispondere a queste domande fosse personalmente il candidato cui si riferiscono, ma questo è normale. Ogni politico deve circondarsi da uno staff di persone di cui ha fiducia e delegare la gran parte delle decisioni, magari sotto la sua supervisione, specialmente su questioni molto specialistiche. Quindi nel valutare queste risposte, io non penso di giudicare una persona, ma un insieme di persone, che però devono assommare le competenze necessarie al compito, sotto la responsabilità globale del candidato.
Bersani dimostra di avere una visione estremamente chiara del ruolo della Ricerca Scientifica per lo sviluppo industriale, e di come per l’Italia ci sia solo la strada dell’innovazione per conservare un ruolo produttivo adeguato. Sembra aver poca dimestichezza con il mondo della ricerca accademica, ma la sua esperienza passata lo pone nella condizione di capire cosa andrebbe fatto per l’industria. Non ha dato alcuna indicazione dei modi in cui pensa di ottenere i risultati che auspica, lasciando l’impressione di aver dato poca importanza globale a queste nostre domande. Su come affrontare il problema del reclutamento e del relativo finanziamento è stato molto deludente, evitando qualunque risposta concreta. Dimostra un’alta competenza economica, ma se dovesse diventare Primo Ministro avrebbe bisogno di un Ministro della Ricerca di livello superiore.
In contrasto totale con Bersani, Renzi ignora del tutto il rilievo economico ed industriale della ricerca scientifica, e si preoccupa solo di voler garantire una meritocrazia che avrebbe tanto bisogno di essere definita, prima che essere attuata. Per Renzi la ricerca scientifica è solo quella cosa che si fa nelle Università (e magari in Enti di Ricerca, ammesso che ne conosca l’esistenza), in cui dominano Baroni da sconfiggere, senza correlare questi aspetti alla struttura corporativa di una parte della società italiana, di cui però proprio la parte scientifica è largamente immune. Renzi in definitiva nemmeno conosce le differenze tra i vari settori delle Università.
Tabacci è stato invece alluvionale. Ma ci ha sommerso con dettagli del tutto ininfluenti rispetto ai problemi generali, su cui invece dice poco o niente. Mi fa piacere di sapere che nel suo staff c’è sicuramente qualcuno che conosce molto bene la legislazione europea, ma che però ignora che la politica europea della ricerca deve necessariamente evitare gli aspetti applicativi, cioè quelli che rendono utili economici, perché su quell’aspetto, di interesse sostanzialmente industriale, ogni paese, ma anche ogni industria, è geloso e non disposposto a condividere alcunché. Quindi basare ogni obiettivo di sviluppo sulle regole europee è, sempre e solo secondo me, del tutto sbagliato, a meno che non si parli esclusivamente della ricerca di base o di strutture comuni (ma le strutture poi vanno sapute utilizzare). Riassumendo, un elenco infinito di possibili provvedimenti, alcuni sicuramente utili, altri di effetto molto dubbio, ma una carenza di visione globale molto preoccupante.
Vendola è stato estremamente generico, con l’inevitabile puntata demagogica dell’allargamento della governance delle strutture di ricerca a tutte le professionalità presenti. E' stato però l’unico, non so quanto volutamente, a toccare l’aspetto di dover convincere le industrie ad investire in personale qualificato, senza il quale non sarebbero mai in grado di sfruttare nemmeno quella (piccola) parte di ricerca utile per loro che le università ancora fanno. Con personale adeguato a saper capire la ricerca e a saperla trasformare in prodotto vendibile, sarebbe poi possibile la famosa sinergia tra ricerca ed industria, con possibilità di lavoro comune o addirittura di commissionare qualche ricerca.
Non credo che Vendola, o chi per lui, fosse cosciente delle implicazioni di quella frase, ma sono comunque contento che ci sia stata, perché così ho potuto aggiungere le mie considerazioni.
La Puppato invece dimostra molto poca consapevolezza dei problemi della Ricerca Scientifica e dei suoi risvolti economici.

Tutto sommato un'esperienza molto utile e da continuare, anche per abituare i nostri candidati politici a dover rispondere in modo organico a domande di potenziali elettori, senza farsi cogliere di sorpresa e senza essere troppo generici, come è purtroppo successo questa volta. Ora dovrei anche cercare di commentare le risposte alle altre domande...
Ma con calma...

mercoledì 21 novembre 2012

Il problema della produttività industriale in Italia

Oggi è stato firmato un accordo "per la produttività" tra diverse parti sociali, sindacati e Confindustria in primis, con l'avvallo del Governo. Manca però la firma della CGIL. Da parte governativa si cerca di minimizzare questa mancanza, sottolineando che la porta non sarà mai chiusa e nessuno verrà escluso da alcunchè.
Questo è un elemento positivo rispetto al recente passato in cui la spaccatura tra i sindacati era invece il reale obiettivo di ogni trattativa. Ma rimane il fatto che su una questione di estrema importanza per l'economia del paese si ha ancora una contrapposizione tra le organizzazioni padronali e il maggiore sindacato italiano.
La questione in discussione è complessa, molto complessa, per cui è impossibile definire in modo semplice chi ha ragione e chi torto, è anche difficile decidere se esiste una ragione e un torto.
Io non sono mai stato molto concorde con certi estremismi ideologici di una parte della CGIL che hanno in modo evidente condizionato la posizione dell'intera Confederazione, ma questa volta, indipendentemente dagli argomenti portati da l'una e dall'altra parte, mi sento di porre io una domanda:
Volete che, al di là di azioni su cui esiste accordo generale come una riduzione del peso e del costo della burocrazia, un sensibile aumento di produttività venga ottenuto attraverso una diminuizione significativa del costo del lavoro per unità di tempo o invece attraverso un aumento significativo del valore aggiunto del lavoro per la stessa unità di tempo?
Ovvio che la prima soluzione è la più facile, e l'unica che la nostra classe imprenditoriale ha saputo proporre fino ad ora, ma la seconda sarebbe l'unica soluzione capace di mantenere l'Italia nel novero dei paesi sviluppati. E' una soluzione difficile da perseguire, visto il livello in cui siamo, ma è la soluzione che DEVE essere perseguita, facendo pagare il costo a chi deve e che non ha pagato niente al momento.
Forse su questa base anche l'opposizione della CGIL sarebbe minore, e l'emarginazione delle sue frange più ideologiche risulterebbe più facile. A parte il fatto che è anche la strada GIUSTA da percorrere...

lunedì 19 novembre 2012

The Black Company

The Black Company è il primo romanzo di una serie che, a partire dal lontano 1984, è arrivata a 10 volumi, e altri due sono annunciati.
E' una serie che ha avuto un successo non altissimo ma continuo, con un gran numero di affezionati che li hanno letti tutti.
Il genere è quello definito Dark Fantasy, in cui stregonerie malvage, mostri di vario genere e cattivi potentissimi dominano la scena in atmosfere cupe e tenebrose. Apparentemente però la fama della serie sembra dovuta maggiormente all'avere al centro della narrazione le vicende di una compagnia mercenaria, tanto da essere stata anche chiamata il primo esempio di Fantasy Militare.
Come ho detto nella mia presentazione, questo primo romanzo mi lascia molto perplesso, perchè mi sembra raggiungere a malapena la sufficienza e non riesco a capire le ragioni del suo successo.
Probabilmente solo dalla lettura del seguito riuscirò a risolvere quello che al momento è un grosso dubbio.

venerdì 16 novembre 2012

6 domande ai candidati alle primarie

Per informazione di quella decina (scarsa) di lettori giornalieri di questo blog senza pretese, presento anche qui l'iniziativa presa da un gruppo molto eterogeneo di persone, tra cui (non) brillavo io. Si va dal meglio del giornalismo scientifico italiano, ad un gruppetto di ricercatori scientifici di Enti italiani ed internazionali, a semplici appassionati dei problemi della scienza, tutti accomunati da avere un minimo di frequentazione di FaceBook e molti da essere dei blogger, anche se a volte di ennesima linea, come nel mio caso.
L'iniziativa è la seguente (copio/incollo dalla dichiarazione ufficiale che può essere trovata sul sito della rivista Le Scienze):

E la scienza? Nel recente confronto televisivo tra i cinque candidati alle primarie del centrosinistra, i problemi della scienza e della ricerca non sono comparsi, né trovano particolare spazio nel dibattito politico in corso a dispetto della loro centralità per lo sviluppo nazionale.

Un gruppo di giornalisti scientifici, blogger, ricercatori e cittadini, constatata la mancanza di domande ai candidati alle primarie del centrosinistra sulle loro posizioni politiche in materia di scienza e ricerca, e ritenendo invece che da queste politiche dipenderà il futuro sociale ed economico a medio e lungo termine del paese, ha quindi deciso di chiedere ai candidati di rispondere a sei temi di grande respiro, in modo da offrire ai cittadini un panorama più completo della loro proposta politica.

Le sei domande

1. Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?

2. Quali misure adotterà per la messa in sicurezza del territorio nazionale dal punto di vista sismico e idrogeologico?

3. Qual è la sua posizione sul cambiamento climatico e quali politiche energetiche si propone di mettere in campo?

4. Quali politiche intende adottare in materia di fecondazione assistita e testamento biologico? In particolare, qual è la sua posizione sulla legge 40?

5. Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?

6. Qual è la sua posizione in merito alle medicine alternative, in particolare per quel che riguarda il rimborso di queste terapie da parte del SSN?
 
 
E' nostra intenzione proporre le stesse identiche domande a qualunque candidato a votazioni primarie di qualunque partito o coalizione.
In attesa, e nella speranza, di avere delle risposte, stiamo preparando una lista più corposa, e magari più meditata, di domande da sottoporre ai candidati finali alle elezioni politiche.
Sarebbe ora di far capire a tutti, ma ai politici in particolare, che la Scienza non è un optional con cui farsi belli ogni tanto in caso di qualche successo che colpisce l'immaginazione, ma è invece una delle risorse essenziali, se non la più essenziale di tutte, per un paese come il nostro. L'alternativa è di dedicarci al turismo, come sembra aver detto ieri sera Briatore in qualche trasmissione televisiva con il supporto di qualche economista di turno. Bisogna solo essere coscienti che in quel caso i briatore ci farebbero i soldi, ed a noi, la grandissima maggioranza, toccherebbe solo la parte di camerieri.

domenica 11 novembre 2012

Perché la FIOM non può (ri)costruire un nuovo Partito Socialista

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Questo argomento, oltre che una validità attuale, ha anche una importanza generale, per cui meriterebbe ben altro trattamento che un semplice post. Ma al momento è tutto quello che posso fare.
Da qualche tempo, in ambienti dei gruppi di sinistra più “fondamentalista”, ma anche tra i vari movimenti protestatari, accomunati da una violenta opposizione al Governo Monti e da un’avversione per la posizione moderata del PD, sta circolando l’idea, o meglio la speranza, che intorno alla FIOM e al suo duro operaismo si possa coagulare l’embrione di un nuovo partito di classe, un nuovo Partito Socialista dei Lavoratori.
Sarebbe una riedizione di quanto è successo sul finire del 1800 in Inghilterra dove un certo numero di sindacati di lavoratori (trade union) insieme a gruppetti di ispirazione socialista, anche di estrazione sostanzialmente borghese, diedero vita all’embrione di quello che sarebbe poi diventato il Labour Party.
Io credo però che il ripetere questa operazione sia storicamente e politicamente impossibile. Sarebbe al massimo la creazione dell’ennesimo gruppetto estremista e pseudoclassista che avrebbe vita breve e consenso praticamente nullo.
Perché faccio questa affermazione? Perché una concreta ed operativa definizione di cosa è una classe sociale l’ha data Immanuel Wallerstein nella conclusione del primo volume del suo lavoro più importante [1].
Riassumendo in due parole, una classe sociale diventa tale quando acquista coscienza di esserlo e di essere portatrice di un proprio modello di società. Al di fuori di questo si tratta semplicemente di ceti sociali in normale lotta per la spartizione della torta, ma niente che coinvolga la struttura della società.
Alla luce di questa definizione, mentre le trade union dell’Inghilterra del 1890 stavano facendo nascere una vera consapevolezza di classe e grazie ai gruppi socialisti e marxisti avevano anche una proposta di struttura sociale alternativa, oggi questo non può essere vero neanche per una frangia sindacale “dura e pura” come la FIOM. Perché, come avevo già detto in un mio vecchio articolo [2], non è che ora siano scomparsi i lavoratori sfruttati, anzi, ma oggi quella che manca è una credibile proposta di una società alternativa all’attuale.
Deve essere chiaro che sto parlando di una diversa struttura sociale, non di diversi pesi delle varie parti all’interno della stessa struttura come è invece l’obiettivo delle forze politiche di sinistra moderata. Con l’evidente incapacità del cosiddetto socialismo reale di essere una vera alternativa, al di là di ogni teoria di complotto e di tradimento, perché è ormai evidente che la naturale ed inevitabile evoluzione di una società basata su quei principi non poteva che essere una società dominata da una burocrazia di gestione, e di fatto estremamente inefficiente, siamo oggi senza alcuna alternativa al capitalismo in cui viviamo. Possiamo solo pensare di controllarne di più le libertà selvagge e le tendenze monopolistiche, operare in favore dei ceti sociali meno forti, più sfruttati, ma non c’è al momento una classe alternativa che abbia il proprio ideale di società che sia credibile e con possibilità di realizzazione.
Per questo non credo che il raggruppamento che si vorrebbe formare intorno al nocciolo duro della FIOM abbia la minima possibilità di ottenere quello che auspica, cioé la nascita di un nuovo partito di classe.
Sono quindi tanti sforzi e tanti voti completamente sprecati.
 Referenze
[1] - Immanuel Wallerstein: Il Sistema Mondiale dell'Economia Moderna - vol I - Il Mulino 1978
[2] - Michele Castellano: Cosa rimane della lotta di classe

domenica 4 novembre 2012

The Price of Spring

The Price of Spring è il quarto e conclusivo capitolo della saga The Long Price Quartet di Daniel Abraham. Una splendida storia fantasy che trova in questo volume una conclusione soddisfacente, in linea con la filosofia dell'intera narrazione, per cui le buone intenzioni fin troppo spesso portano a dolori più grandi di quelli che vorrebbero sanare. Ma alla fine un minimo di speranza di poter ottenere un mondo migliore sembra nascere dai sacrifici dei protagonisti.
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