La focaccia genovese ci piace molto, ma è troppo spesso semplicemente dell'aria unta e salata, senza sostanza. Anche la teglia romana ci piace molto, ma è spesso fatta solo di alveoli contenuti tra due superfici troppo croccanti.
Perché non esiste qualcosa di intermedio, che unisca gli aspetti positivi di queste due eccellenze italiane?
Da tempo cerco di produrre questo ibrido, e ho anche ottenuto dei risultati molto gradevoli, sempre però occasionali e non ripetibili.
Questa volta credo di aver ottenuto un prodotto ben documentato, basato su esperienze solide e quindi ripetibili, che se anche richiederà dei miglioramenti, specialmente nella mia capacità di stendere l'impasto, è sicuramente un ottimo punto fermo da cui posso solo ripartire.
Qui l'intera ricetta fotografata e le idee per possibili miglioramenti.
sabato 30 novembre 2013
mercoledì 20 novembre 2013
La Classe Dirigente che si autoassolve
Quindi il PD non voterà la sfiducia alla Cancellieri, perché per Letta sarebbe equivalso ad un voto di sfiducia al governo, e tutti hanno accettato questa assurda equivalenza. Anche Civati ha ritirato la mozione di sfiducia.
E la Cancellieri dichiara che "si difenderà sino all'ultimo", altro che dimissioni.
Come avevo già detto nel post precedente, ci sono situazioni che non hanno rilevanza penale, o magari la hanno ma non può essere dimostrata, ma che hanno enorme rilevanza politica e dovrebbero portare a delle ovvie conseguenze.
Ogni persona può intrattenere rapporti di amicizia con esponenti del mondo finanziario-imprenditoriale, anche se parte di quella zona grigia che separa la legalità dall'illegalità, e che è spesso illegalità non provata. Ma se hai un ruolo istituzionale, di difesa dello Stato, e "vieni beccata" a telefonare a persone ufficialmente indagate per reati gravi, nei cui riguardi "ti metti a disposizione" per fare qualcosa che potrebbe anche alla fine essere niente, in qualunque paese occidentale ti devi dimettere. E senza nemmeno discutere.
Barbara Spinelli, in un articolo su Repubblica oggi mette proprio in evidenza come la responsabilità politica e l'intransigenza nei suoi riguardi sia stata essenziale in Germania per uscire dallo scandalo che travolse anche Schröder, e lo stesso è valso per il Watergate americano.
In Italia abbiamo invece una classe dirigente che tende ad autoassolversi sempre e comunque, rifiutandosi di lasciare i posti di potere anche dopo la condanna di tre diversi gradi di giudizio.
Poi ci si chiede perché il Paese non sembra in grado di uscire dal baratro politico-economico in cui sta precipitando.
In questa situazione, il populista Grillo, pesantemente sconfitto nelle regionali in Basilicata, non può che ringraziare la Cancellieri, Letta e tutto il PD.
E la Cancellieri dichiara che "si difenderà sino all'ultimo", altro che dimissioni.
Come avevo già detto nel post precedente, ci sono situazioni che non hanno rilevanza penale, o magari la hanno ma non può essere dimostrata, ma che hanno enorme rilevanza politica e dovrebbero portare a delle ovvie conseguenze.
Ogni persona può intrattenere rapporti di amicizia con esponenti del mondo finanziario-imprenditoriale, anche se parte di quella zona grigia che separa la legalità dall'illegalità, e che è spesso illegalità non provata. Ma se hai un ruolo istituzionale, di difesa dello Stato, e "vieni beccata" a telefonare a persone ufficialmente indagate per reati gravi, nei cui riguardi "ti metti a disposizione" per fare qualcosa che potrebbe anche alla fine essere niente, in qualunque paese occidentale ti devi dimettere. E senza nemmeno discutere.
Barbara Spinelli, in un articolo su Repubblica oggi mette proprio in evidenza come la responsabilità politica e l'intransigenza nei suoi riguardi sia stata essenziale in Germania per uscire dallo scandalo che travolse anche Schröder, e lo stesso è valso per il Watergate americano.
In Italia abbiamo invece una classe dirigente che tende ad autoassolversi sempre e comunque, rifiutandosi di lasciare i posti di potere anche dopo la condanna di tre diversi gradi di giudizio.
Poi ci si chiede perché il Paese non sembra in grado di uscire dal baratro politico-economico in cui sta precipitando.
In questa situazione, il populista Grillo, pesantemente sconfitto nelle regionali in Basilicata, non può che ringraziare la Cancellieri, Letta e tutto il PD.
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domenica 17 novembre 2013
Perché la Cancellieri si sarebbe dovuta dimettere
Perché la
Cancellieri si sarebbe dovuta dimettere (secondo me)?
La risposta breve
è perché l’hanno beccata.
La risposta lunga
è lunga, perché in Italia gli aspetti più banali non sono mai tali, e
specialmente nella politica è veramente difficile far diventare la responsabilità
personale un elemento significativo.
Per cercare di
chiarire la risposta lunga, partiamo da un elemento che non è discutibile: la
Cancellieri è amica dei Ligresti, lo è in modo abbastanza stretto, ed esistono
evidenze di passati favori reciproci. Niente di serio e senza significati
penali, ma indicatori di una buona conoscenza reciproca.
E veniamo ad uno
dei punti principali: si possono avere dubbi che la famiglia Ligresti abbia
avuto, nei lunghi anni di successo economico, anche comportamenti legalmente,
ma soprattutto moralmente, discutibili? Due fratelli siciliani arrivati al nord
senza evidenti capacità economiche, con attività inizialmente banali, sono in
pochi anni diventati, entrambi e in modo diverso ma complementare, proprietari
di imperi economici. Il farmacista diventato proprietario di una serie di
cliniche private, tra cui le più prestigiose della Lombardia (io ho subito un
intervento piuttosto complesso in una di queste, e ho potuto conoscerla bene),
ed il fratello che diventa uno degli uomini più facoltosi e potenti d’Italia.
Un poco come Berlusconi che però, non essendo siciliano, l’aggancio con la
Sicilia ha dovuto crearlo per interposta persona.
Così come è
chiaro (tranne che alla magistratura) come ha fatto Berlusconi a “trovare” i
capitali necessari alla sua crescita economica, i sospetti su pratiche analoghe
per i fratelli Ligresti di fatto si sprecano. Sospetti, mai certezze, ma dalle
inchieste che hanno portato alle accuse di questi giorni all’intera famiglia
risulta anche che certe “pratiche gestionali” al limite della correttezza, e
forse solo formalmente corrette, e magari anche no, sono state usate da tempo.
Una persona con
un grosso ruolo istituzionale, come era al tempo la Cancellieri, con le
competenze che sicuramente ha, e con la familiarità che ha dimostrato di avere
con i Ligresti doveva sicuramente essere ben conscia di cosa succedeva e di
come tanta ricchezza era ottenuta. Mi rifiuto di pensare che la Cancellieri
fosse tanto ottusa solo su questo argomento.
D’altra parte le
amicizie potenti, a cui magari chiedere un piccolo, piccolissimo favore quando
necessario, da restituire ovviamente quando possibile, non hanno mai fatto
male, anzi in Italia sono praticamente la condizione necessaria per poter
entrare, e rimanere, in certi ambienti. Il concetto normalmente ritenuto
corretto è che se non si viola apertamente la legge, tutto è permesso.
Anche nelle altre
democrazie occidentali questi rapporti sono all’ordine del giorno, perché un
ceto sociale (non uso la parola “classe” perché non proprio adatta in questa
situazione, ma è come se l’avessi usata) si identifica non solo per il proprio
ruolo economico ma anche per le proprie relazioni sociali. Quella che è
normalmente chiamata “classe dirigente”, anche se non è una vera classe, si
identifica in modo particolare per l’interconnessione di favori, di rapporti di
amicizia, e di intrecci di interesse. Il che non impedisce certo l’esistenza di
guerre feroci e di tradimenti repentini. Però il rapporto familiare con le sue
amicizie dirette normalmente è un elemento particolarmente forte, specialmente
in Italia.
Ma se questi
rapporti esistono anche all’estero, perché ci lamentiamo del caso Cancellieri?
Perché nelle
altre democrazie occidentali questi rapporti esistono, ma alcuni di questi sono
considerati ufficialmente scorretti, come nel caso di una persona con ruoli
politici istituzionali rispetto ad interessi privati che possono configgere con
l’interesse pubblico. In casi del genere, anche se si sa che vecchi rapporti di
amicizia ci possono ancora essere, è ritenuto estremamente scorretto farsi
beccare in un evidente favoritismo. Il politico trovato a fare una cosa del
genere normalmente non aspetta il giudizio formale dei suoi pari, che sarebbe
d’altronde scontatissimo, ma generalmente si dimette prima ancora di essere
messo sotto accusa.
Questa è la
garanzia di un buon funzionamento delle istituzioni anche in presenza di
rapporti personali che indubbiamente ci sono e non possono essere
improvvisamente cancellati: quando una persona è chiamata a compiti
istituzionali al di sopra delle parti, i suoi rapporti di amicizia devono
necessariamente essere abbassati sotto una soglia di osservabilità piuttosto
rigorosa. Se poi ti beccano con anche solo un dito nel vasetto della marmellata,
fai il piacere di ringraziare tutti per la fiducia che ti era stata data e te
ne torni a casa.
Questo era quello
che avrebbe dovuto fare la Cancellieri, se fosse stata persona d’onore,
orgogliosa del proprio ruolo e convinta di averlo meritato per la propria
capacità.
Se invece pensa
che a una come lei è permesso di privilegiare le amicizie rispetto al dovere,
che telefonare a persone inquisite per reati gravi e quindi con altissima
probabilità sottoposti a controllo telefonico, e “mettersi a disposizione” per
aiutare in qualche modo sia un’azione legittima e non invece moralmente
criticabile, anche se senza azioni conseguenti illegali, allora non merita
nemmeno più il diritto di dimettersi, ma va esonerata e basta.
In ogni caso è un
ottimo (anche se brutto) esempio dei problemi che affliggono la nostra incapace
“classe dirigente” e che stanno portando il paese alla rovina.
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mercoledì 6 novembre 2013
La Paura del Saggio
Secondo episodio della saga Le Cronache dell'Assassino del Re, di Patrick Rothfuss. Dopo Il Nome del Vento, primo episodio della saga e suo romanzo d'esordio, Rothfuss si è forse fatto prendere la mano dalla sua facilità di scrittura, dalla sua narrazione evocativa, e ha scritto un volume di 1200 pagine in cui alcuni episodi sono stiracchiati oltre il necessario.
Rimane un romanzo di alto livello ma, in attesa del terzo e conclusivo capitolo, leggermente inferiore al primo.
Una presentazione un poco più dettagliata può essere trovata nei miei Consigli di Lettura mensili.
Rimane un romanzo di alto livello ma, in attesa del terzo e conclusivo capitolo, leggermente inferiore al primo.
Una presentazione un poco più dettagliata può essere trovata nei miei Consigli di Lettura mensili.
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sabato 2 novembre 2013
Vedere gli atomi
Festival della Scienza di Genova, sala del Maggior Consilio completamente piena alle 15 di un giorno festivo per sentire una conferenza scientifica.
E' per me la prima volta che sento Dario Bressanini, amico-web da più di dieci anni ma mai incontrato di persona, parlare di qualcosa di direttamente legato alla sua attività professionale di Ricercatore di Chimica all'Università dell'Insubria. Finora avevo visto suoi filmati di conferenze e trasmissioni televisive in cui parlava dell'altra sua passione: la Chimica in Cucina, argomento su cui ha anche una rubrica fissa sul mensile Le Scienze.
Il tema era come il concetto di atomo, di particella finale indivisibile di ogni elemento naturale, si fosse sviluppato da idea astratta a requisito essenziale per spiegare la realtà sperimentale, anche in assenza di una sua visione diretta.
Attraverso le biografie di diversi personaggi fondamentali per la nascita e lo sviluppo della scienza chimica, Dario è riuscito a tenere interessato un pubblico eterogeneo per più di un'ora. Passando da notizie familiari, ad episodi curiosi sulla loro vita, è riuscito a rendere comprensibili anche gli aspetti scientifici del loro lavoro, dei loro successi e dei loro errori. Errori che inevitabilmente, anche se a volte con un certo ritardo, sono stati riconosciuti come tali dal progresso scientifico. Perché, come ha sottolineato Dario, in ogni momento dello sviluppo della scienza ci sono uno o più scienziati che non credono affatto a quella che è l'opinione generale condivisa da quasi tutti. Hanno una loro idea personale e si oppongono con forza a quella "ufficiale". Inevitabilmente alla fine si dimostra che hanno quasi sempre torto.
Si è trattato di un ottimo esempio di divulgazione scientifica, e fatta da uno scienziato, non da un divulgatore professionista, a dimostrazione che è la capacità personale e la competenza che fa la differenza, non l'etichetta o il Master che uno ha.
La comunicazione, di cui la divulgazione scientifica fa parte, ha acquisito nel nostro tempo un vero e proprio potere, in grado di influenzare il potere politico e quello economico che alla fine guida il tutto. Ma ne è inevitabilmente a sua volta influenzata, e anche pesantemente, per cui nella piccola polemica che è in atto tra "divulgatori professionisti" verso "scienziati professionisti prestati alla divulgazione", di cui forse varrà la pena di parlare con qualche dettaglio, il ruolo che svolge la guerra per il potere, quello vero, non va sottovalutato.
E' per me la prima volta che sento Dario Bressanini, amico-web da più di dieci anni ma mai incontrato di persona, parlare di qualcosa di direttamente legato alla sua attività professionale di Ricercatore di Chimica all'Università dell'Insubria. Finora avevo visto suoi filmati di conferenze e trasmissioni televisive in cui parlava dell'altra sua passione: la Chimica in Cucina, argomento su cui ha anche una rubrica fissa sul mensile Le Scienze.
Il tema era come il concetto di atomo, di particella finale indivisibile di ogni elemento naturale, si fosse sviluppato da idea astratta a requisito essenziale per spiegare la realtà sperimentale, anche in assenza di una sua visione diretta.
Attraverso le biografie di diversi personaggi fondamentali per la nascita e lo sviluppo della scienza chimica, Dario è riuscito a tenere interessato un pubblico eterogeneo per più di un'ora. Passando da notizie familiari, ad episodi curiosi sulla loro vita, è riuscito a rendere comprensibili anche gli aspetti scientifici del loro lavoro, dei loro successi e dei loro errori. Errori che inevitabilmente, anche se a volte con un certo ritardo, sono stati riconosciuti come tali dal progresso scientifico. Perché, come ha sottolineato Dario, in ogni momento dello sviluppo della scienza ci sono uno o più scienziati che non credono affatto a quella che è l'opinione generale condivisa da quasi tutti. Hanno una loro idea personale e si oppongono con forza a quella "ufficiale". Inevitabilmente alla fine si dimostra che hanno quasi sempre torto.
Si è trattato di un ottimo esempio di divulgazione scientifica, e fatta da uno scienziato, non da un divulgatore professionista, a dimostrazione che è la capacità personale e la competenza che fa la differenza, non l'etichetta o il Master che uno ha.
La comunicazione, di cui la divulgazione scientifica fa parte, ha acquisito nel nostro tempo un vero e proprio potere, in grado di influenzare il potere politico e quello economico che alla fine guida il tutto. Ma ne è inevitabilmente a sua volta influenzata, e anche pesantemente, per cui nella piccola polemica che è in atto tra "divulgatori professionisti" verso "scienziati professionisti prestati alla divulgazione", di cui forse varrà la pena di parlare con qualche dettaglio, il ruolo che svolge la guerra per il potere, quello vero, non va sottovalutato.
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