Con la “scoperta”
dell’uso di Epo da parte di Schwazer, uno dei favoriti per le gare di
marcia alle Olimpiadi di Londra,
si è assistito alle solite sceneggiate: da una parte pianti, confessioni,
assicurazioni che si è trattato di un errore di cui ci si pente, dimissioni
varie etcetera. Dall’altra sgomento, meraviglia, sorpresa, dichiarazioni che
l’ambiente è però in generale pulito, con la solita ricerca dei capri espiatori
di prammatica. In mezzo un’opinione pubblica divisa tra l’insulto becero e la
rassegnazione, con la prima parte ovviamente in molto maggiore esposizione
mediatica.
Nessuno che si
ponga veramente il problema, dopo questa ennesima dimostrazione, di cosa sia
veramente il doping e se sia davvero possibile eliminarlo, ammesso che lo si
voglia.
Io non sono
sicuramente un esperto, né ho competenze particolari, ma mi è bastato leggere
con una certa attenzione quello che è stato detto ufficialmente, raccogliere le
notizie di dominio pubblico, utilizzare la competenza scientifica che ho, per
concludere che si tratta di un problema che viene affrontato in modo molto
sbagliato, o magari in modo molto ambiguo proprio per non risolverlo. Intanto
già definire cosa si intenda per doping in ambito sportivo è difficile, perché
si arriva sempre a mettere un limite, a tracciare una riga netta tra “buono” e
“cattivo”, che nella realtà non esiste ed è una semplice convenzione molto
arbitraria. Nella semplice versione popolare in cui il doping consiste
nell’assumere della “chimica” per potenziare le prestazioni fisiche rientrano
sicuramente anche pratiche come seguire una dieta particolare, assumere
integratori e/o vitamine, e anche forzare con l’allenamento il proprio
organismo a produrre una quantità di molecole utili per il potenziamento
fisico. Anche l’assumere medicine per “migliorare” il proprio organismo preda
di una patologia rientra tutto sommato nella stessa scala di continuità. Non so
se mi sono spiegato bene, ma voglio dire che da una acclarata patologia a un evidente
super potenziamento dell’organismo esiste una continuità di condizioni in cui è
difficile porre la banda di “normalità sana”, per cui al di sotto si è malati e
al di sopra si è dopati, valida per tutti.
Vi è poi da
considerare che come ci sono tante discipline sportive diverse, così ci sono
tanti tipi di doping. Quando è richiesto uno sforzo prolungato è importante
avere un efficace sistema di rifornimento di ossigeno da parte del sangue, e
quindi i vari interventi che hanno afflitto ad esempio il ciclismo, dove il
doping è così generalizzato da interessare non solo i dilettanti, ma anche i
“ciclisti della domenica”, perché, parafrasando una frase di un vecchio film
western di Sergio Leone sull’uomo con il fucile e quello con la pistola, in
questo caso si può dire che se un atleta “normale” incontra un atleta dopato, quello
“normale” è un atleta sconfitto, tanti sono i vantaggi di un doping anche non
fortissimo. Ma ci sono anche sport dove al momento della gara l’atleta può
risultare completamente “pulito”, solo che durante gli allenamenti gli è
necessario assumere sostanze che permettano al suo fisico di sopportare il peso
durissimo degli allenamenti stessi, al fine di sviluppare la massa muscolare
adatta al tipo di sport in questione.
C’è poi il caso
di chi è geneticamente predisposto ad una più efficiente produzione delle
molecole necessarie per favorire le attività sportive. E’ normale considerare
una persona del genere un atleta naturalmente più dotato. Ma questo apre
ovviamente la strada verso la possibiità di selezionare adeguatamente il
patrimonio genetico, in un modo qualsiasi, al momento non è importante il come,
per favorire la nascita di atleti naturali superiori. E’ di questi giorni
l’accusa da parte di ambienti statunitensi alla Cina di aver effettuato “doping
genetico” per il caso di una giovane nuotratice che ha avuto performance
notevoli nelle ultime olimpiadi (qui e qui). Anche in campo americano vi è stato un caso di
risultati eccezionali sempre da parte di una giovane nuotatrice, e l’accusa
verso la Cina potrebbe far pensare, ad un estraneo ignorante sospettoso come
me, che in realtà si sentano in grosso ritardo nei riguardi di una tecnica
innovativa, mentre il loro caso potrebbe rientrare probabilmente nelle
tecnologie più tradizionali.
Sembrerebbe
quindi che, al di là delle dichiarazioni ufficiali scontate, la ricerca verso
prestazioni sportive sempre superiori sia continua su molti fronti, molti dei
quali sono definibili come doping alla luce della legislazione attuale, mentre
altri sono estremamente sospetti ed in lista di esame.
D’altra parte al
momento attuale la “lotta al doping” consiste solamente nel cercare la presenza
nel sangue o nelle urine di un atleta di una qualsiasi sostanza compresa in un
definito elenco. In questo elenco ci sono anche sostanze di uso medico comune,
utilizzate per curare malattie vere, il cui uso, quando necessario, comporta
procedure complesse, fastidiose e non sempre irreprensibili. Ovviamente il
gioco vero è la continua gara tra chi cerca di scoprire nuove molecole in grado
di favorire le prestazioni sportive e chi deve scoprire l’esistenza di queste
molecole e farle inserire nell’apposito elenco, sviluppando anche la tecnologia
per poterle riconoscere in modo il più semplice ed economico, perché si tratta pur
sempre di analizzare migliaia di atleti. E’ ovviamente una gara ad handicap, in
cui la parte che cerca di scoprire il doping è perennemente svantaggiata,
lavorando solo di rimessa. Se poi si aggiunge che il ritmo delle analisi è, per
ogni atleta, molto blando e non sempre casuale, la frittata è fatta. Si ha il
risultato sotto gli occhi di tutti. Una notizia di questi giorni è quella di un
uso massiccio del Viagra da parte di atleti cui è richiesto uno sforzo
concentrato, uso che avrebbe lasciato “tracce visibili” documentate da alcunefoto.
Non so quanto
questo sia vero, ma sembrerebbe in ogni caso che dalle prossime olimpiadi anche
il Viagra sarà compreso nel famoso elenco. Nel frattempo è stato usato
liberamente. Se si vuole combattere il doping seguendo questa strada, bisogna
allora investire grosse somme in laboratori e personale specializzato per
ridurre il più possibile il gap temporale tra la scoperta di una molecola
dopante, e il suo riconoscimento come tale, inserimento nell’elenco delle
sostanze proibite e lo sviluppo di una tecnica di identificazione. Inoltre la
frequenza di controllo di ogni singolo atleta deve diventare molto alta,
coprendo ogni periodo della sua attività. Certamente i costi sarebbero
estremamente alti, ma non vedo altra soluzione.
C’è poi chi ritiene,
secondo me con argomenti non proprio trascurabili, che la lotta al doping è
impossibile, per tutto quello detto prima, e che quindi sia molto meglio
lasciarlo libero ma sotto un certo controllo medico. E’ un’argomentazione molto
simile a quella che si è dimostrata corretta contro il proibizionismo
dell’alcol, e a quella portata avanti a favore della liberalizzazione e
controllo della prostituzione. D’altra parte lo sport professionistico è ormai
esclusivamente uno spettacolo, e quindi è più ragionevole usare le categorie di
valore adatte a questa classificazione che quelle moraleggianti relative ad una
generica attività ludica umana, ma sostanzialmente privata. Non dobbiamo
dimenticare che tra le attività spettacolari erano comprese, fino a qualche tempo
fa, anche scontri armati il cui obiettivo era la morte di uno dei partecipanti
, o scontri violenti in cui la menomazione fisica era un risultato abbastanza
frequente. Viviamo pur sempre in una società in cui è considerato normale che
per sopravvivere, e nemmeno tanto bene, si facciano lavori usuranti e spesso
estremamente pericolosi. Perché allora non ammettere che a fronte di un
guadagno di livello superiore non possa essere possibile affrontare un rischio
fisico controllato?
Onestamente io
non ho una risposta, non so decidere cosa sia meglio, perché vedo i problemi
che entrambe le soluzioni lascerebbero aperti.
Quello di cui
sono sicuro è però che continuando come ora è sostanzialmente una pagliacciata.
Si lascia completamente vivo l’interesse al doping, anche se clandestino,
perché la probabilità di essere scoperti è relativamente bassa rispetto al
guadagno potenziale, ma quando si becca qualcuno, per caso o per volontà
politica, lo si mette alla gogna come se il poveretto fosse un peccatore terribile
e non invece una semplice vittima del sistema come di fatto è.
Ovviamente a
livello dirigenziale risultano tutti angioletti, perché la “lotta al doping”
loro la perseguono ufficialmente, anche se di fatto, come è evidente a chiunque
sappia guardare appena dietro le apparenze, lasciano liberi tutti di fare
quello che vogliono. Di questa pagliacciata loro il prezzo non lo pagano mai.
Bentornato in Kilombo!
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