lunedì 30 aprile 2012

Aumento dell'IVA o tagli di spesa?

Il Governo sta cercando di evitare l'aumento di 2 punti percentuali dell'IVA, dal 21% al 23%, deciso dal precedente Governo Berlusconi e dal suo ministro Tremonti come garanzia di una sperata ma non garantita riduzione di spesa pubblica.
Tramontato Berlusconi, per probabile esaurimento del rifornimento di Viagra, e passato il fiscalista dei ricchi e potenti Tremonti dal lato di quelli che "l'avevo sempre detto io che bisognava fare il contrario di quello che ho fatto, ma che non potevo non fare e comunque ho sempre ragione io", ora il Governo in carica si trova la patata bollente che era stata messa in forno a suo tempo.
Non vi è dubbio che l'aumento dell'IVA avrebbe un effetto sui consumi, già falcidiati dalla costante riduzione dei salari disponibili per la spesa e dal costante aumentare dell'inflazione reale e delle tasse evidenti o nascoste, come è pure certo che l'IVA ha un effetto antiprogressivo, perchè pesa proporzionalmente di più sui redditi bassi, e si parla dell'aumento dell'IVA di base, non di un'IVA sul lusso, che sembra improponibile e, guarda caso, magari anche incostituzionale.
Però i soldi bisogna trovarli, altrimenti i famosi mercati internazionali, cioè le varie banche, riterrebbero l'Italia non capace di ridurre il debito pubblico e si tornerebbe a scatenare la speculazione al ribasso contro i nostri titoli di stato. Con effetto devastante sulle banche che li posseggono (ma se sono loro in pericolo, perchè non fanno niente per evitarlo?) e quindi, poichè le banche non possono fallire se no fallisce lo stato, dovremmo rifornirle di ulteriore contante per permettere loro di sopravvivere (e di continuare a produrre valori di carta spazzatura e prebende multimilionarie ai loro manager).
Quindi i soldi vanno trovati riducendo le spese pubbliche.
Cosa facile da dire, ed è stata detta millanta milioni di volte, ma quasi impossibile da effettuare nell'immediato, se non intervenendo sui numeri grossi in modo indiscriminato, con conseguente macelleria sociale.
Allora si crea una nuova struttura tecnica, che faccia da interfaccia tra il Governo e le porcherie, gestita da un esuberante giovinotto di 78 anni, famoso nel passato per aver sistemato conti in difficoltà.
Ovviamente tutti i partiticon ragioni giustificate o semplicemente per difendere clientele, stanno mettendo paletti su questa o quella possibile riduzione di spesa, lasciando facilmente intendere che se un compromesso ci potrà essere sarà solo al ribasso.
A meno che il governo non decida di decidere e, ancora una volta, provveda a tagliare carne dai più deboli e poco difesi, come aveva già iniziato a fare il fiscalista dei ricchi Tremonti bloccando gli stipendi degli impiegati nella Pubblica Amministrazione, senza distinzione tra diritti e privilegi, ma salvando sempre possibilmente i secondi, alla maniera berlusconiana più tipica.
Monti e la sua nuova struttura tecnica sapranno fare meglio? Sapranno distinguere tra sprechi e diritti delle persone? Sapranno tagliare i privilegi senza ridurre ulteriormente il tenore di vita di una così larga parte della popolazione italiana che sicuramente non vive nel lusso, ed ottenendo un effetto sociale ed economico peggiore dell'aumento dell'IVA?
C'è da sperarlo, ma le indicazioni non sono molto positive, perchè è un governo ideologicamente liberista, e che non ha assolutamente la forza politica per affrontare con speranza di vittoria le innumerevoli corporazioni di cui è ancora composta la società economica italiana, per cui si può solo limitare a ridurre le spese a carico dei più deboli ed indifesi. Come ha fatto fin'ora.
Ci sarebbero poi da commentare uscite di incredibile acutezza come quella di Massimo Donadi, presidente dei deputati IDV:
Quella che sta facendo il governo è una spending review all'acqua di rose, giusta un ritocco di facciata, un buffetto sulle guance di qua e di là per non dare fastidio a nessuno. Non si fa quello che serve davvero, ovvero, agire sul cuore improduttivo e parassitario della spesa pubblica di questo Paese
che sarebbero bellissime parole, se fossero accompagnate da un elenco di tagli sul cuore improduttivo e parassitario della spesa pubblica. Che c'è, all'anima se non c'è... il problema è solo di accordarsi su quale è.
Potremmo magari incominciare dal suo stipendio e prebende connesse, Onorevole Donadi?

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