domenica 11 novembre 2012

Perché la FIOM non può (ri)costruire un nuovo Partito Socialista

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Questo argomento, oltre che una validità attuale, ha anche una importanza generale, per cui meriterebbe ben altro trattamento che un semplice post. Ma al momento è tutto quello che posso fare.
Da qualche tempo, in ambienti dei gruppi di sinistra più “fondamentalista”, ma anche tra i vari movimenti protestatari, accomunati da una violenta opposizione al Governo Monti e da un’avversione per la posizione moderata del PD, sta circolando l’idea, o meglio la speranza, che intorno alla FIOM e al suo duro operaismo si possa coagulare l’embrione di un nuovo partito di classe, un nuovo Partito Socialista dei Lavoratori.
Sarebbe una riedizione di quanto è successo sul finire del 1800 in Inghilterra dove un certo numero di sindacati di lavoratori (trade union) insieme a gruppetti di ispirazione socialista, anche di estrazione sostanzialmente borghese, diedero vita all’embrione di quello che sarebbe poi diventato il Labour Party.
Io credo però che il ripetere questa operazione sia storicamente e politicamente impossibile. Sarebbe al massimo la creazione dell’ennesimo gruppetto estremista e pseudoclassista che avrebbe vita breve e consenso praticamente nullo.
Perché faccio questa affermazione? Perché una concreta ed operativa definizione di cosa è una classe sociale l’ha data Immanuel Wallerstein nella conclusione del primo volume del suo lavoro più importante [1].
Riassumendo in due parole, una classe sociale diventa tale quando acquista coscienza di esserlo e di essere portatrice di un proprio modello di società. Al di fuori di questo si tratta semplicemente di ceti sociali in normale lotta per la spartizione della torta, ma niente che coinvolga la struttura della società.
Alla luce di questa definizione, mentre le trade union dell’Inghilterra del 1890 stavano facendo nascere una vera consapevolezza di classe e grazie ai gruppi socialisti e marxisti avevano anche una proposta di struttura sociale alternativa, oggi questo non può essere vero neanche per una frangia sindacale “dura e pura” come la FIOM. Perché, come avevo già detto in un mio vecchio articolo [2], non è che ora siano scomparsi i lavoratori sfruttati, anzi, ma oggi quella che manca è una credibile proposta di una società alternativa all’attuale.
Deve essere chiaro che sto parlando di una diversa struttura sociale, non di diversi pesi delle varie parti all’interno della stessa struttura come è invece l’obiettivo delle forze politiche di sinistra moderata. Con l’evidente incapacità del cosiddetto socialismo reale di essere una vera alternativa, al di là di ogni teoria di complotto e di tradimento, perché è ormai evidente che la naturale ed inevitabile evoluzione di una società basata su quei principi non poteva che essere una società dominata da una burocrazia di gestione, e di fatto estremamente inefficiente, siamo oggi senza alcuna alternativa al capitalismo in cui viviamo. Possiamo solo pensare di controllarne di più le libertà selvagge e le tendenze monopolistiche, operare in favore dei ceti sociali meno forti, più sfruttati, ma non c’è al momento una classe alternativa che abbia il proprio ideale di società che sia credibile e con possibilità di realizzazione.
Per questo non credo che il raggruppamento che si vorrebbe formare intorno al nocciolo duro della FIOM abbia la minima possibilità di ottenere quello che auspica, cioé la nascita di un nuovo partito di classe.
Sono quindi tanti sforzi e tanti voti completamente sprecati.
 Referenze
[1] - Immanuel Wallerstein: Il Sistema Mondiale dell'Economia Moderna - vol I - Il Mulino 1978
[2] - Michele Castellano: Cosa rimane della lotta di classe

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