giovedì 22 novembre 2012

Commento alle risposte alla prima domanda di Dibattito Scienza


Come avevo annunciato in un post precedente, un gruppo abbastanza eterogeneo di giornalisti scientifici, ricercatori e semplici affezionati, hanno proposto sei domande ai candidati alle primarie del centrosinistra, proponendosi di riproporle anche a qualunque altro candidato di primarie di ogni coalizione e, alla fine, di proporre un numero più nutrito (e più meditato) di domande ai candidati finali alle elezioni nazionali. Lo scopo delle domande era di capire e far capire a tutti gli elettori non solo le intenzioni dei vari candidati su alcuni temi particolari di interesse scientifico, ma soprattutto di capire il peso che ogni candidato dà al ruolo della scienza e del suo metodo di analisi nello svolgimento del proprio ruolo politico di mediazione tra diversi interessi.
Le domande e tutte le risposte possono essere trovate sul sito de Le Scienze, a cui rimando per ulteriori dettagli dell’iniziativa.
In questo post mi limiterò a commentare le risposte alla prima domanda, che è quella che mi interessava di più e che ha, secondo me, il significato più generale coinvolgendo di fatto il futuro economico ed industriale dell’Italia. Poi, se avrò tempo e forza, cercherò di commentare anche le altre risposte.
La prima domanda era la seguente:
Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?
Tutti i candidati fanno osservare, con maggiore o minore dettaglio, che l’Italia investe in ricerca molto meno della media europea, e molto meno di utti i paesi più industrializzati d’Europa e del mondo.
Vediamo ora gli aspetti principali delle singole risposte.
1 – Bersani
Bersani fa notare che è l’investimento privato che è deficitario, anche se non definisce bene il problema; è l’unico che mette in stretta connessione la ricerca scientifica alla capacità industriale del paese, e lega quest’ultima, di cui auspica il mantenimento e la crescita, allo sviluppo di ricerca e innovazione. Non dice cose nuove rispetto al suo vecchio libretto scritto insieme ad Enrico Letta: Viaggio nell’Economia Italiana (Donzelli Editore - 2004), ma onestamente non era certo questo il luogo di un discorso più articolato. Non dice nulla sulla politica di reclutamento, ma accenna alla necessità di travaso di personale dalla ricerca all’industria.
2 – Puppato
Poche parole generiche sulla necessità di investimento, sulle sinergie con l’industria, sull’eliminazione delle baronie e del precariato.
3 – Renzi
Forte accento sulla necessità di far diventare meritocratico sia il reclutamento che il finanziamento della ricerca pubblica (parla solo di questa). Se per il finanziamento si appoggia sulle valutazioni ANVUR (da migliorare non si sa come), per il reclutamento non dà alcuna indicazione di metodo. Propone di favorire fiscalmente le donazioni alla ricerca (sempre pubblica) ma a costo complessivo zero. Propone un’agenzia per il finanziamento di idee originali, ma non è chiaro se di ricerca od applicative, cioè di spin-off industriali.
4 – Tabacci
Quella di Tabacci è una risposta lunga, probabilmente troppo lunga, dato che si dilunga in dettagli che a questo livello della discussione sono quasi incomprensibili, perché richiedono competenze specifiche e conoscenze delle legislazioni nazionali ed europee non condivise da tutti. Cercare di fare un riassunto delle sue proposte è altrettanto difficile, perché a meno di fare un elenco banale di ogni suo paragrafo, la valutazione generale è estremamente povera in impegni politicamente ed oggettivamente importanti. Si richiama in modo continuo alla legislazione europea, anche non sempre a proposito. Propone, unico tra i candidati, dei settori strategici su cui puntare per lo sviluppo della ricerca. Solo sul reclutamento dei giovani non ha proposte precise ma si limita a proposizioni generiche.
5 – Vendola
A parte dichiarazioni estremamente generiche, si può solo notare una richiesta di aprire la governance delle Università e degli Enti di ricerca a tutte le figure professionali, anche precarie. Spicca però la dichiarazione della necessità di stimolare le industrie, in vista ad un loro sviluppo innovativo, ad investire più in ricercatori che in capannoni. Nella sua genericità, è l’unico spunto verso il costringere le industrie a fare qualcosa che sia di loro interesse generale e non immediato.
Le mie considerazioni finali
Quello che sto per fare non sarà un discorso omogeneo, che cercherò di fare nel futuro e sganciato da questo evento particolare. Voglio invece presentare le mie opinioni su queste risposte, un po’ come vengono e saltando anche da uno all’altro. D’altronde questo era un esperimento e un esperimento è anche la loro valutazione.
Prima di tutto devo dire che sono estremamente contento di come si è evoluta questa iniziativa molto estemporanea. Anche se ovviamente le domande che abbiamo posto sono discutibili da molti punti di vista, sono state perlomeno un inizio, ed il fatto di aver ricevuto (grazie anche a persecuzioni e minacce varie :) ) risposta da tutti rappresenta un successo e un punto di partenza per azioni successive più meditate.
Sicuramente nessuno di noi si aspettava che a rispondere a queste domande fosse personalmente il candidato cui si riferiscono, ma questo è normale. Ogni politico deve circondarsi da uno staff di persone di cui ha fiducia e delegare la gran parte delle decisioni, magari sotto la sua supervisione, specialmente su questioni molto specialistiche. Quindi nel valutare queste risposte, io non penso di giudicare una persona, ma un insieme di persone, che però devono assommare le competenze necessarie al compito, sotto la responsabilità globale del candidato.
Bersani dimostra di avere una visione estremamente chiara del ruolo della Ricerca Scientifica per lo sviluppo industriale, e di come per l’Italia ci sia solo la strada dell’innovazione per conservare un ruolo produttivo adeguato. Sembra aver poca dimestichezza con il mondo della ricerca accademica, ma la sua esperienza passata lo pone nella condizione di capire cosa andrebbe fatto per l’industria. Non ha dato alcuna indicazione dei modi in cui pensa di ottenere i risultati che auspica, lasciando l’impressione di aver dato poca importanza globale a queste nostre domande. Su come affrontare il problema del reclutamento e del relativo finanziamento è stato molto deludente, evitando qualunque risposta concreta. Dimostra un’alta competenza economica, ma se dovesse diventare Primo Ministro avrebbe bisogno di un Ministro della Ricerca di livello superiore.
In contrasto totale con Bersani, Renzi ignora del tutto il rilievo economico ed industriale della ricerca scientifica, e si preoccupa solo di voler garantire una meritocrazia che avrebbe tanto bisogno di essere definita, prima che essere attuata. Per Renzi la ricerca scientifica è solo quella cosa che si fa nelle Università (e magari in Enti di Ricerca, ammesso che ne conosca l’esistenza), in cui dominano Baroni da sconfiggere, senza correlare questi aspetti alla struttura corporativa di una parte della società italiana, di cui però proprio la parte scientifica è largamente immune. Renzi in definitiva nemmeno conosce le differenze tra i vari settori delle Università.
Tabacci è stato invece alluvionale. Ma ci ha sommerso con dettagli del tutto ininfluenti rispetto ai problemi generali, su cui invece dice poco o niente. Mi fa piacere di sapere che nel suo staff c’è sicuramente qualcuno che conosce molto bene la legislazione europea, ma che però ignora che la politica europea della ricerca deve necessariamente evitare gli aspetti applicativi, cioè quelli che rendono utili economici, perché su quell’aspetto, di interesse sostanzialmente industriale, ogni paese, ma anche ogni industria, è geloso e non disposposto a condividere alcunché. Quindi basare ogni obiettivo di sviluppo sulle regole europee è, sempre e solo secondo me, del tutto sbagliato, a meno che non si parli esclusivamente della ricerca di base o di strutture comuni (ma le strutture poi vanno sapute utilizzare). Riassumendo, un elenco infinito di possibili provvedimenti, alcuni sicuramente utili, altri di effetto molto dubbio, ma una carenza di visione globale molto preoccupante.
Vendola è stato estremamente generico, con l’inevitabile puntata demagogica dell’allargamento della governance delle strutture di ricerca a tutte le professionalità presenti. E' stato però l’unico, non so quanto volutamente, a toccare l’aspetto di dover convincere le industrie ad investire in personale qualificato, senza il quale non sarebbero mai in grado di sfruttare nemmeno quella (piccola) parte di ricerca utile per loro che le università ancora fanno. Con personale adeguato a saper capire la ricerca e a saperla trasformare in prodotto vendibile, sarebbe poi possibile la famosa sinergia tra ricerca ed industria, con possibilità di lavoro comune o addirittura di commissionare qualche ricerca.
Non credo che Vendola, o chi per lui, fosse cosciente delle implicazioni di quella frase, ma sono comunque contento che ci sia stata, perché così ho potuto aggiungere le mie considerazioni.
La Puppato invece dimostra molto poca consapevolezza dei problemi della Ricerca Scientifica e dei suoi risvolti economici.

Tutto sommato un'esperienza molto utile e da continuare, anche per abituare i nostri candidati politici a dover rispondere in modo organico a domande di potenziali elettori, senza farsi cogliere di sorpresa e senza essere troppo generici, come è purtroppo successo questa volta. Ora dovrei anche cercare di commentare le risposte alle altre domande...
Ma con calma...

Nessun commento:

Posta un commento